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È nelle nostre case, spesso nascosta in oggetti impensabili. La respiriamo nell’aria, ce ne cibiamo a tavola, la indossiamo tutti i giorni e arriviamo persino a stenderla su viso e corpo, magari con amorevole impegno. È ovunque, in effetti, e spesso invisibile. Di che parlo? Della microplastica!
Andiamo con ordine. Innanzitutto, la chiamiamo microplastica perché è con questo termine che si indicano tutte quelle particelle di plastica molto piccole – tra i 330 micrometri e i 5 millimetri, in termini di diametro – che possono essere rilasciate direttamente nell’ambiente, ad esempio tramite il lavaggio di capi sintetici, o generate dal deterioramento di oggetti di plastica più grandi, come reti da pesca o bottiglie di plastica. Finisce per la maggior parte in mari e oceani, dove impiega diversi anni per disciogliersi e dunque ha tutto il tempo di “affollare” l’ambiente ed essere ingerita dagli organismi acquatici. Anello dopo anello, risalendo la catena alimentare, è così che la microplastica giunge infine nel nostro organismo. E se gli effetti sulla salute sono ancora per lo più ignoti, possiamo dire con certezza che spesso la plastica contiene additivi – ad esempio agenti stabilizzanti o ignifughi – e altre sostanze chimiche tossiche, sicuramente dannose se ingerite.
Ma dove si nascondono queste microplastiche? Conosciamo quali oggetti di uso comune fanno il doppio gioco, in combutta con la plastica? Se la risposta è no, eccone un breve elenco – lungi dall’essere esaustivo – che sarebbe meglio mettere nella lista nera.
Creme per lo scrub
Ebbene sì, quelle simpatiche microsfere per lo scrub sono spesso fatte di materiali sintetici. Materiali che, dopo aver deterso la famigerata zona T del nostro viso, scivolano mesti e irrecuperabili nel sifone del nostro lavandino. Vale lo stesso per i microgranuli di certi dentifrici o saponi. Meglio evitarli o scegliere scrub realizzati con sostante naturali.
Tessuti sintetici
Le fibre dei tessuti sintetici vengono erose dai lavaggi in lavatrice e poi drenate nei sistemi idrici. La Norwegian Environment Agency ha rilevato che ogni lavaggio di capi sintetici rilascia più di 1 milione di fibre di microplastiche. Meglio indossare tessuti naturali.
Pneumatici
Lo sfregamento degli pneumatici sull’asfalto comporta l’erosione della gomma, con conseguente rilascio nell’ambiente di microplastiche che, tra vento e pioggia, vengono poi trasportate negli ambienti marini. Sarebbe bene, quando possibile, limitare i nostri spostamenti.
Assorbenti igienici
Ebbene sì, gli assorbenti sono composti per il 90% di plastica e quelli interni, nonostante siano di cotone, spesso hanno applicatore e cordino in plastica. Un’alternativa più eco-friendly? Gli assorbenti realizzati in cotone, più indicati anche per prevenire fastidiose irritazioni.
Salviette umidificate
Spesso a base di poliestere, le salviette umidificate, se disperse nell’ambiente, si rompono e si trasformano in una “bomba” di microplastiche. Meglio quelle biodegradabili o, ancora meglio, il classico asciugamano (ma non in microfibra!).
Cialde del caffè
Mai nell’indifferenziata. Alluminio da una parte, plastica dall’altra e caffè nell’organico. Troppa fatica? C’è sempre la cara vecchia moka, ben più sostenibile!
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venerdì 7 Febbraio 2025