Nella giornata in cui al 72esimo Trento Film Festival viene proiettato il documentario che celebra la vita e l’arte di Shane MacGowan, leader dei Pogues, Stefano Bellotti, in arte Cisco, frontman dei Modena City Ramblers, conclude in Piazza della Mostra il suo mini-tour a trent’anni dall’uscita del disco Riportando tutto a casa. A presentarlo il critico musicale e giornalista radiofonico John Vignola, che apre la serata con una chiacchierata pre-concerto.
“Noi siamo stati molto influenzati dall’Irlanda, terra nella quale siamo giunti a cavallo tra gli anni ’80 e i ’90, quando ancora non ci conoscevamo”, esordisce il cantante, sottolineando subito lo stretto legame tra la produzione artistica dei Ramblers e l’isola verde. In quegli anni la rivoluzione industriale non aveva ancora toccato le terre irlandesi, nelle quali si viveva ancora di un’economia rurale. “Arrivato a Dublino mi colpì molto vedere un carretto trainato da cavalli con il quale portavano i rifornimenti di birra nei pub: io arrivavo da Carpi, un paesino emiliano, ma avevamo già i veicoli a motore, lì eravamo nella capitale e c’erano i cavalli”.
Quello non fu però l’unico episodio a imprimersi nella memoria di Cisco: gli rimase soprattutto la cultura, le serate nei pub, l’attaccamento alle proprie radici che venivano tramandate di generazione in generazione. “I gruppi irlandesi per quanto possano essere avveniristici e moderni mantengono sempre un forte legame con le proprie origini e tradizioni. In Italia siamo molto più esterofili: sentiamo qualcosa che ci piace e lo scimmiottiamo. Anche noi inizialmente l’abbiamo fatto, ma poi abbiamo conosciuto i Pogues, punk band che durò circa un decennio, dei quali eravamo assolutamente succubi. È così che abbiamo visto la luce, fondato i Modena City Ramblers e siamo andati alla ricerca delle nostre radici e delle nostre tradizioni”.
Sono nate quindi canzoni come Contessa e Bella Ciao, il più famoso canto partigiano di cui la loro è probabilmente la versione più conosciuta. Cisco ironizza: “Eravamo un po’ di parte? Sì. Abbiamo sbagliato? No”. D’altronde se c’è qualcosa che accomuna Irlanda ed Emilia è sicuramente la storia di appartenenza contadina, di ribellione e di attenzione sociale, spesso cantata dai Modena. “L’osteria, la bocciofila un po’ come il pub rappresentavano un luogo di aggregazione, creavano quel modo di vivere insieme. Ci faceva sentire una comunità e credo che questo sentire ci sia ancora e che vada preservato. Vale lo stesso per questa serata: non ci sono rockstar da queste parti”. Al termine dei concerti Cisco è solito infatti scendere tra il pubblico abolendo completamente la distanza tra spettatore e cantante e a Trento non fa eccezione.
“Il punk è prima di tutto un atteggiamento, un modo di essere: significa non abbassare la testa. È il modo in cui abbiamo sempre cercato di fare la nostra musica folk popolare, che fosse irlandese o emiliana: volevamo difendere e rivendicare le nostre idee di fronte ad un mondo che le rifiutava. Oggi più che allora ci vorrebbero molti più movimenti punk. Facendo questo tour ci siamo resi conto che le idee che volevamo comunicare 30 anni fa sono ancora vive e attuali: la gente, indipendentemente dall’età, ha ancora bisogno di quelle canzoni, di quelle idee e della voglia di lottare”.
La parola passa quindi alla musica che fa scatenare giovani e meno giovani sulle note dell’album a tinte irlandesi del 1994. La band non si risparmia neppure nel bis, richiesto a gran voce, e appena prima di concludere con la sua celebre Ninna Nanna, dal pubblico si leva un coro spontaneo di “Siamo tutti antifascisti”, che la riempie d’orgoglio.
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sabato 5 Ottobre 2024