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Stando ai dati diffusi dall’OMS, il bilancio dell’epidemia di ebola scoppiata in Africa Occidentale è di 1711 casi e 932 morti. Un bollettino drammatico e destinato a salire ulteriormente, nel quadro di una situazione definita ormai «fuori controllo».
Negli ultimi cinquant’anni sono scoppiate decine di epidemie analoghe, tutte quante tempestivamente contenute. Non esiste una cura per l’ebola – che può arrivare ad un tasso di mortalità dell’89% – ma le tecniche tradizionali come la quarantena, la prevenzione del contatto diretto e sistematici controlli clinici hanno permesso di volta in volta di sedare le epidemie. In questo caso però alcuni fattori hanno impedito un’efficace risoluzione: le popolazioni dell’Africa Occidentale si spostano quotidianamente molto di più che in passato, rendendo difficile una localizzazione precisa della diffusione del virus; la fiducia nei confronti del personale ospedaliero è ai minimi storici, e i familiari decidono spesso di mantenere il parente infetto in casa piuttosto che portarlo in ospedale; l’ebola non ha mai colpito questi specifici paesi, e la popolazione – oltreché il personale medico – è del tutto impreparata.
Non ci sono cure, ma esistono dei metodi per alleviare i sintomi ed aumentare così la possibilità di sopravvivenza degli infetti. E ancora, non ci sono cure, ma attraverso un’azione organizzata dall’alto è possibile contenere un’ulteriore diffusione dell’ebola nei Paesi colpiti, o peggio, oltre i loro confini. Ma per tutto ciò è necessario che i governi colpiti mettano in campo delle pratiche comuni, iniziando una collaborazione efficace con i servizi sanitari internazionali. E qui entra in gioco l’Occidente – un sinonimo pomposo per “noi”: per arginare l’ebola servono risorse sanitarie che gli stati africani colpiti non avevano e sicuramente non hanno ora. Medici senza frontiere, la Croce Rossa, Mezzaluna Rossa ed altre organizzazioni sono eroicamente sul posto fin dai primi giorni dell’epidemia, ma ovviamente le loro singole forze sono inferiori a quelle necessarie per arginare una malattia mortale che minaccia 20 milioni di persone.
Per ora “noi” siamo stati per lo più in grado di produrre schizofrenici stati di ipocondria e psicosi diffusi sui social network, piuttosto inutili come aiuti umanitari.
Come se non bastassero tesi complottiste – l’ebola creata e diffusa dagli eserciti – o grottesche bufale xenofobe – un focolaio di ebola a Lampedusa – ci si è messo anche qualche politico italiano ad abbassare il livello di empatia nazionale verso la tragedia africana. Primo fra tutti il leghista Massimiliano Romeo, il quale hadeciso che l’epidemia di ebola in Guinea può essere una buona occasione per ripulire la stazione di Milano, dato che «non è ammissibile pensare di mettere a repentaglio la vita di gente ignara che si reca in stazione per prendere il treno, perché il Governo e il Pd non sono in grado di gestire una situazione d’emergenza». Eh sì, perché l’emergenza ce l’abbiamo noi.
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domenica 28 Maggio 2023