Questo sito utilizza cookie tecnici e, previa acquisizione del consenso, cookie analitici e di profilazione, di prima e di terza parte. La chiusura del banner comporta il permanere delle impostazioni e la continuazione della navigazione in assenza di cookie diversi da quelli tecnici. Il tuo consenso all’uso dei cookie diversi da quelli tecnici è opzionale e revocabile in ogni momento tramite la configurazione delle preferenze cookie. Per avere più informazioni su ciascun tipo di cookie che usiamo, puoi leggere la nostra Cookie Policy.
Cookie utilizzati
Segue l’elenco dei cookie utilizzati dal nostro sito web.
Cookie tecnici necessari
Sempre attivi
I cookie tecnici necessari non possono essere disattivati in quanto senza questi il sito web non sarebbe in grado di funzionare correttamente. Li usiamo per fornirti i nostri servizi e contribuiscono ad abilitare funzionalità di base quali, ad esempio, la navigazione sulle pagine, la lingua preferita o l’accesso alle aree protette del sito. Comprendono inoltre alcuni cookie analitici che servono a capire come gli utenti interagiscono con il sito raccogliendo informazioni statistiche in forma anonima.
Prima parte6
cm_cookie_cookie-wp
Verifica l'accettazione dei cookie.
PHPSESSID
Identifica la sessione dell’utente tramite un valore alfanumerico.
La Parigi-Roubaix del 2021, classica ciclistica corsa straordinariamente ad ottobre e circa due anni e mezzo dopo la precedente a causa del Covid-19, è stata uno spettacolo incredibile e difficilmente ripetibile. Ha trionfato in maniera eccelsa Sonny Colbrelli, già vincitore del campionato italiano e di quello europeo, autentico faro di un movimento ciclistico italiano che nel corso dell’anno si è dimostrato un po’ troppo timido. Alle sue spalle il belga Vermeersch e uno dei super favoriti della vigilia, l’olandese Van Der Poel.
La Parigi-Roubaix è la classica per eccellenza. I soprannomi che si è guadagnata nel corso degli anni dicono più di quanto non lasci intendere il nome ufficiale: “Regina delle classiche” e, soprattutto, “Inferno del Nord”. Più di 250 chilometri con ampi tratti percorsi su strade strette e rivestite di pavé, spesso mal tenuto. Quando piove (com’è successo quest’anno), quei tratti diventano un pantano infido e viscido, pieno di insidie e drammi che si possono consumare in poche centinaia di metri. Ciclisti trasfigurati dalla fatica, irriconoscibili nell’immane sforzo fisico e mentale di tenere dritta la bicicletta su quei terreni insidiosi, maschere di fango e polvere che li spersonalizzano, rendendoli pedine tutte uguali di un gioco che a tratti diventa sadico e spietato.
Quasi tutte uguali. Chi si ribella, chi tenta di superare la crudeltà del gioco, accettandone le regole, sbuca da quell’inferno di fango e acqua – in cui anche le moto delle televisioni faticano a mantenere l’equilibrio – e come un funambolo scivola leggero sulle pietre. È sapienza di pochi, arte di pochissimi. Non vale l’esperienza (sia Colbrelli sia Van Der Poel erano debuttanti alla Parigi-Roubaix), ma solo un pizzico di sregolatezza, qualche grammo di follia che permetta di spiccare il volo senza più guardarsi indietro. Ha un che di magico e di stregato insieme.
Colbrelli riporta all’Italia – in una stagione sportivamente magica e interminabile – un successo che manca da ben 22 anni. Un plauso enorme a lui, ma anche al quarto classificato Gianni Moscon, che è stato a lungo da solo in testa alla corsa. Prima una foratura, poi una caduta gli hanno impedito di cogliere un successo che sembrava a portata di mano. Perfetta sintesi della perfidia dell’Inferno del Nord.
Twitter:
venerdì 9 Giugno 2023