Questo sito utilizza cookie tecnici e, previa acquisizione del consenso, cookie analitici e di profilazione, di prima e di terza parte. La chiusura del banner comporta il permanere delle impostazioni e la continuazione della navigazione in assenza di cookie diversi da quelli tecnici. Il tuo consenso all’uso dei cookie diversi da quelli tecnici è opzionale e revocabile in ogni momento tramite la configurazione delle preferenze cookie. Per avere più informazioni su ciascun tipo di cookie che usiamo, puoi leggere la nostra Cookie Policy.
Cookie utilizzati
Segue l’elenco dei cookie utilizzati dal nostro sito web.
Cookie tecnici necessari
Sempre attivi
I cookie tecnici necessari non possono essere disattivati in quanto senza questi il sito web non sarebbe in grado di funzionare correttamente. Li usiamo per fornirti i nostri servizi e contribuiscono ad abilitare funzionalità di base quali, ad esempio, la navigazione sulle pagine, la lingua preferita o l’accesso alle aree protette del sito. Comprendono inoltre alcuni cookie analitici che servono a capire come gli utenti interagiscono con il sito raccogliendo informazioni statistiche in forma anonima.
Prima parte6
cm_cookie_cookie-wp
Verifica l'accettazione dei cookie.
PHPSESSID
Identifica la sessione dell’utente tramite un valore alfanumerico.
Raccontare la vita e le opere di Leopardi non era decisamente un’impresa semplice. Trovare la chiave giusta richiedeva forse il colpo di genio che ancora non è alla portata del cinema italiano. Ecco quindi che Il giovane favoloso del regista Mario Martone, pur con le migliori intenzioni, naufraga presto nella direzione della più classica, stereotipata, ritrattistica. Una rappresentazione semi-agiografica che sa tanto di adattamento televisivo.
Da Recanati a Napoli passando per Firenze. La narrazione tratteggia alcune delle figure fondamentali per la formazione del poeta: la famiglia, con il padre Monaldo, la madre Adelaide e i fratelli Carlo e Paolina ma anche l’amata Silvia, lo scrittore Pietro Giordani e l’amico Antonio Ranieri. Tanti, tantissimi personaggi, che il film fatica però a valorizzare adeguatamente.
La sceneggiatura a momenti è aneddotica, zoppicante, non all’altezza del vissuto e dei sentimenti che si propone di mettere in scena. Il brusco balzo di dieci anni fra la giovinezza a Recanati e il periodo fiorentino lascia senza spiegazione un periodo importante per la maturazione del poeta.
La sensazione è che troppe volte si ammicchi a un’immagine del Leopardi che sa di banchi di scuola e di manuali di antologia. Una rappresentazione convenzionale fatta per rassicurare e informare, nel più classico stile della fiction italiana. Nelle due ore e un quarto, la pellicola fatica a catturare lo spettatore e si limita ad abbozzare un ritratto fatto di pennellate a momenti suggestive, ma mai davvero incisive.
A Martone è forse mancato il coraggio di una visione originale. Il risultato è un appiattimento sul conosciuto, un racconto che risulta didascalico e poco empatico anche quando tenta di utilizzare linguaggi nuovi. Come quando il Leopardi/Elio Germano recita il Dialogo della Natura e di un Islandese: la natura assume le sembianze enormi e granitiche della madre del poeta, trasportandoci in una dimensione onirica che non trova però pendant all’interno del film. O come quando il regista improvvisa un tocco pop, inserendo nella colonna sonora due brani in inglese completamente fuori contesto.
L’emozione delle opere del Leopardi, ben recitate, queste sì, dal protagonista Elio Germano, non bastano a salvare il film.
Twitter:
lunedì 5 Giugno 2023