Nell’agosto del 2022 Filippo Conca partecipa alla Vuelta a España difendendo i colori della Lotto-Soudal, ma alla vigilia della diciassettesima tappa è costretto ad abbandonare la corsa per la positività al COVID. Non ha fatto male fino a quel momento: in una tappa particolarmente dura ed esigente è arrivato quinto, a una manciata di secondi da Remco Evenepoel e mettendosi alle spalle ciclisti del calibro di Primoz Roglic e Simon Yates. A fine anno firma quindi un biennale con la neonata Q36.5, ma non riesce a ottenere risultati che balzano agli occhi: è un gregario, il suo lavoro avviene lontano dal traguardo e dai riflettori. Così, quando il contratto va in scadenza, Conca si ritrova improvvisamente senza squadra e – pare assurdo dirlo – per un ciclista di 26 anni questo potrebbe significare ritiro prematuro. Nemmeno un anno più tardi, a fine giugno, Conca si laurea campione italiano su strada. Lo fa indossando la maglia di un team non professionistico, lo Swatt Club, e correndo per di più su sterrato. La vittoria è stata doppiamente importante perché, oltre al prestigio, ha permesso a Conca di tornare nel World Tour, grazie al Team Jayco AlUla che si è affrettato a metterlo sotto contratto fino al 2027.
La sua storia è simile a quella di tanti ragazzi che non riescono a fare il salto nel ciclismo professionistico. O che magari ci riescono, ma senza essere in grado di rimanere tra i pro’. È la storia di Mattia Gaffuri o di Asbjorn Hellemose, passati entrambi – e non a caso – tra le file dello Swatt Club. Dove sta l’inghippo? Non sono abbastanza bravi, forti o veloci per il professionismo? Che cos’è successo a Conca tra la fine del 2024 e la prima metà del 2025? È tutto d’un tratto diventato bravo, forte e veloce tanto da meritare una seconda possibilità? No, la risposta sta altrove, e non è altro che un segreto di Pulcinella: in un mondo dominato dagli interessi economici (e anche il ciclismo ormai lo è), non c’è la pazienza di aspettare la maturazione fisica di un atleta. Le squadre preferiscono puntare su un giovane pronto fin da subito, più che su chi ha bisogno di più tempo per esprimersi. E infatti l’età media dei ciclisti si sta abbassando sempre di più, con enormi rischi in primis per la salute dei corridori stessi che non riescono ad avvicinarsi gradualmente al professionismo. Vengono buttati nella mischia subito con il rischio che esplodano di una luce sì violentissima, ma fulminea.
Al problema non c’è soluzione, perché la soluzione richiederebbe un drastico cambio di rotta. Sugli interessi economici dovrebbero prevalere quelli umani, ma si sa che la pazienza è la virtù dei forti, non dei ricchi. E finché un Remco Evenepoel, un Isaac del Toro, un Paul Seixas, un Matthew Brennan, un Cian Uijtdebroeks (tutti ciclisti nati dopo il 2000) faranno risultati strabilianti per la loro età, non ci sarà quel cambio di rotta auspicato. Perché dovrebbe esserci? Ai vari Conca toccherà solamente sperare nella buona sorte, in una squadra non professionistica, in un campionato nazionale vinto contro tutti i pronostici.
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mercoledì 29 Ottobre 2025