Lo sport è benessere psicofisico
Mi ha colpito la frase di un mio collega l’altro giorno. Parlavamo di sport e di quello che facciamo per (tentare di) rimanere in forma. Mi fa: “Vado a nuotare per stare bene fisicamente, gioco a padel per stare bene mentalmente”. La frase di per sé non dovrebbe stupirmi: se sul nuoto non posso esprimermi (ma è vero, ha cinquant’anni abbondanti e un fisico invidiabile) sul padel invece posso farlo eccome, dal momento che giochiamo insieme quasi tutte le settimane da qualche mese a questa parte. In effetti, mai una volta che abbia perso il sorriso e il buonumore, mai una volta che si sia arrabbiato, se non per il risultato anche solo per un palla giocata male, per un colpo semplice non uscito nel modo giusto. Che sia davvero così? Che il padel regali veramente attimi insperati (e imprevedibili) di serenità mentale?
Non so dare una risposta univoca a questa domanda, perché il modo in cui concepiamo lo sport cambia da individuo a individuo, da giornata a giornata. Il livello di agonismo e di competitività che mettiamo nella pratica sportiva sono soggetti a troppi fattori (soprattutto esterni) per poter individuare una regola. Con le giuste premesse anche una partitella in famiglia può trasformarsi nella finale mondiale. Con le giuste premesse o, meglio, con le premesse sbagliate, perché non c’è dubbio che lo sport, almeno ai nostri livelli, dovrebbe aderire al motto olimpico del “l’importante è partecipare”. Ciò che conta davvero, o dovrebbe contare, è il benessere psicofisico che ricaviamo dallo sport. Le alzate a pallavolo vengono tutte storte? Gli smash a padel vanno sempre a vetro? Non infiliamo un layup nemmeno a pagare? Non importa: stiamo bene, fisicamente e mentalmente, e tanto ci basta.
Che, poi, è tutto da vedere. Sono convinto che sia necessario un lungo lavoro su se stessi prima di raggiungere un tale livello di atarassia. E sono altrettanto convinto che ci sia chi non lo raggiunge, questo livello. Perché ci piace giocare, ci piace fare sport. Ma ci piace anche vincere. Anzi, ci piace soprattutto vincere. Se facendo sport stiamo bene fisicamente, è molto spesso solo attraverso la vittoria che raggiungiamo anche lo stato di benessere psicologico. E non c’è dubbio che questa sia una cosa sbagliata, tanto più se – attraverso il nostro esempio – abituiamo i bambini e le bambine alla necessaria coincidenza di sport e vittoria. Non c’è una risposta univoca, ma solo i tanti approcci allo sport di ognuno di noi. Per quanto riguarda quel mio collega, lui insegna filosofia, quindi è verosimilmente più abituato di me a dare del tu a concetti come la serenità d’animo tanto predicata da certe correnti filosofiche.
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venerdì 11 Luglio 2025