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Intanto che è na foresta sociale. A mio padre che è falegname il concetto di foresta è molto chiaro: posto dove ci sono tanti alberi e poche persone, valida alternativa quando per l’inconveniente di essere ancora vivi non si può approfittare della benefica tranquillità di una tomba. Per questo dove non c’è niente è sempre stata una condizione imprescindibile delle nostre vacanze e per cui molto semplicemente sociale sta all’estremo opposto: perché individua un posto dove ci sono pochi alberi e tante persone.
Ma allora che è. Lo abbiamo chiesto a Yuri Teverini di L0g1cal forest (senza la mediazione di papà, che in tutta onestà avrebbe optato per questioni più squisitamente tecniche come te ‘l gai el trator?), imprenditore agricolo self made che da qualche tempo si dà alla coltivazione di bamboo giganti. Lo raggiungiamo a San Cristoforo dove con quella del ‘spe che ti faccio vedere un’ultima cosa quattro ore più tardi stiamo ancora disquisendo attorno ai più grandi interrogativi della storia dell’umanità come qual è il tuo animale guida?.
Scopriamo che ci sono almeno tre modi di intendere foresta sociale. Per cominciare, il bamboo ha una vocazione naturale per la socialità: la vita di ciascuna pianta infatti è intimamente legata a quella delle sue sorelle per mezzo di un’efficacissima rete di radici, per cui come in un perfetto ordine sociale la sopravvivenza della foresta è subordinata a quella di ogni suo elemento. Io che sono trentina e dunque scettica per natura gli dico che però non si campa di spirito comunitario.
«Ti sbagli, le persone aggiungono valore alle cose. Ti sei mai chiesta da dove vengono i fogli di carta?».
Dal negozio, chiaro.
«Ecco, chi comprenderà il valore della foresta in piedi si farà tutta un’altra idea di cosa sta dietro a una risma di carta. È la consapevolezza che farà di questo posto non un campo agricolo, ma una foresta sociale».
Il suo entusiasmo ci rapisce, come pure il fatto che uno a ventitré anni s’accenda un mutuo per coltivare una pianta che, ammette candidamente, «c’è il rischio che non cresca». Per non parlare delle innumerevoli rinunce che per la nostra MTV generation rimangono tuttora principi non negoziabili, sono le 18 e naturalmente stiamo parlando dell’aperitivo. Yuri non sembra rammaricarsi ed è questo il momento dell’entrata in scena di Simone con la merenda, nonché l’occasione per scoprire il nostro omaggio alcolico che tra una ciliegia e un sorso di birra ci restituisce il legame più profondo della foresta sociale, quello umano.
Sono nata il giorno dell'alluvione di Genova e quella di Firenze, il nome in coda all'elenco alfabetico, il numero 17, l'interrogato estratto a sorte. A ginnastica venivo scelta per ultima e la prima volta che ho fatto qualcosa di notevole (un gol al calcio saponato) ho rimediato un occhio nero rimbalzando fuori dal gonfiabile. Ho una propensione naturale al disastro.
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martedì 6 Giugno 2023