T’ho usata come una risposta ma eri milioni di domande
Parliamo di una mia grande passione: la musica indie.
Che cos’è la musica indie in Italia oggi?
Provo a rispondere scrivendo queste righe con “lo sai che la tachipirina 500…” in sottofondo.
Il termine Indie non è originariamente legato a un genere musicale, ma descrive una produzione indipendente dalle grandi case discografiche, dalle major. Pertanto ogni genere può essere indie: pop, rock, elettronica, punk.
Ma l’indie è una vera e propria attitudine, una filosofia di vita. O lo hai o no lo hai, non puoi farci niente. Uno stile retrò, camicie a quadri, felpe extralarge, amori complicati e inquieti, notte, alcol, droga. Me lo immagino così l’indie italiano. Mi immagino così mentre ascolto l’indie italiano. Che bella idealizzazione. “E l’hai letto nelle stelle che la musica ci darà il pane, il realismo l’avrai lasciato a qualche mercatino equosolidale”, direbbero i Pinguini Tattici Nucleari.
La verità è che i testi sono tutto un ripetersi di termini quotidiani e cliché romantici, alcune volte all’apparenza privi di significati reali e proprio per questo profondi, in quanto interpretabili. Felpe, mutande, cuore, caffè, luna, mare, notte, treni, sigarette. Tutti fumano, stanno svegli di notte e guardano la luna, che riflette a specchio i dubbi e le paure senza mai dare soluzioni in una spasmodica ricerca di affetto e radici.
E la notte si prende quello che vuole
E non lascia quasi niente
È che siamo soltanto persone sole
Perdute fra la gente
Siamo come giornate buttate al cesso
Come i sorrisi spenti, in mezzo ai denti, a tempo perso
E non crescono i fiori, è vero, dove cammino io
Ma nemmeno è tutto nero
(Nero, Gazzelle)
Sembrano quasi pagine di diario: ognuno porta la propria storia, i propri drammi e le proprie malinconie. Sono canzoni che ascoltiamo in radio, che cantiamo sotto la doccia. Brani che alla fine piacciono perché in quelle storie il più delle volte ci si ritrova. Sono storie infinite, lettere che sanno cantare, risposte a milioni di domande… Aspetta, aspetta, com’è che fa?
E poi ci sono i testi che ti disarmano e non hanno nulla da invidiare alla poesia. Ascoltare la canzoni di Brunori Sas, ad esempio, è una carezza di parole, “canzoni poco irriverenti […] canzoni per chi non ha voglia d’abbaiare o di ringhiare, canzoni tanto per cantare”. I The Zen Circus che ci urlano rabbia dentro le canzoni e Levante che sorprende con le sue visioni oniriche e malinconiche.
L’indie italiano abbraccia chi mangia le unghie, chi beve gin tonic, chi si annoia alle feste, chi ostenta timidezza, chi è riservato ma in realtà non rinuncia mai alla vita sociale, e così via.
Insomma, questo indie italiano, che per definizione dovrebbe essere un genere alternativo e non di largo consumo, sta invadendo sempre di più la maggioranza dello spazio musicale. Possiamo apprezzarlo o meno, la musica è una questione troppo soggettiva per assegnare torto o ragione. Prendiamola com’è: musica senza pretese, giochi di malinconie, da ascoltare in un giorno di pioggia o nelle sere tra amici. Musica di giovani uniti sotto ad un palco, solo finché dura, a cantare in coro quanto siano persi. Musica di chi viene male su tutte le Polaroid. Musica dell’amore fuorisede, dove è lecito sognare di essere ovunque e che importa se non si hanno i soldi per i biglietti del treno. Mi avanza qualcosa, te li presto io, dice Calcutta.
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domenica 8 Dicembre 2024