Le vicissitudini dell’analcolico biondo (parte prima)
Esiste un analcolico “biondo” che si dice faccia impazzire il mondo: il famoso Crodino. Ed esiste anche un meccanismo molto usato nel marketing che lega indissolubilmente alcuni prodotti – o categorie di essi – al luogo da cui provengono: il cosiddetto effetto made in. Il Crodino e l’effetto made in sono collegati solamente nella teoria e, in queste trenta (per due) righe, vi spieghiamo perché.
Il Crodino è uno degli aperitivi analcolici italiani più conosciuti e apprezzati, sia entro i confini nazionali sia all’estero. Il suo particolare nome non è un’invenzione linguistica ma deriva dal paese piemontese – collocato nella provincia del Verbano Cusio Ossola, non lontano dalla città di Domodossola – in cui la bevanda è nata, Crodo. Questo è però un fatto perlopiù sconosciuto e quello che colpisce è che anche nei paesi vicini non tutti sanno che il luogo che ha dato i natali all’aperitivo si trova a pochi chilometri.
Ciò non avviene per una casualità ma, al contrario, poiché l’effetto made in risulta totalmente assente. Per capirci, l’effetto made in è il meccanismo che attribuisce un particolare valore a un prodotto in base alla sua provenienza geografica. Si creano così dei famosi binomi di cui esempio sono il legame indissolubile tra l’Italia e la qualità dei suoi prodotti alimentari, come tra la Germania e le sue automobili; più nello specifico non si possono non citare le mele del Trentino, lo speck dell’Alto Adige e il torrone di Cremona. In sintesi, se quel determinato prodotto proviene dal determinato luogo dove è nato e/o dove, da sempre, la qualità è il massimo, allora si può stare sicuri.
Il legame del Crodino con il proprio territorio d’origine parrebbe anch’esso indissolubile; tuttavia, così non è e, inoltre, tale relazione è stata recentemente al centro dei dibattiti derivanti dalle conseguenze del passaggio di proprietà dello stabilimento di produzione, avvenuto nel 2017, nelle mani di un’azienda danese. Ma andiamo con ordine.
La storia del Crodino comincia negli anni ’60 del XX secolo, quando un imprenditore di nome Piero Ginocchi intuisce le condizioni favorevoli per un’invenzione di successo nella zona di Crodo, soprattutto grazie alla sorgente di acqua minerale nelle vicinanze. Questa opportunità industriale non è inizialmente ben vista dalla popolazione locale timorosa delle novità, la quale, inoltre, subisce l’espropriazione di alcuni terreni per la costruzione dello stabilimento di produzione. L’imprenditore, però, promette il posto di lavoro anche alle generazioni successive e dispone la costruzione di abitazioni nei pressi della fabbrica, fruibili dai lavoratori con affitto simbolico. Questa si dimostrerà un’idea vincente che farà la fortuna non solo dell’imprenditore, ma anche dell’economia e delle persone del luogo: il Crodino, infatti, diventerà all’epoca, ed è tutt’ora, il prodotto di punta della zona.
Leggi la seconda parte dell’articolo.
Approfondimenti
Twitter:
mercoledì 13 Novembre 2024