Le sfide delle Dolomiti viste dai pedali, il racconto di Lìmit

Prima parte

Emanuele Rippa e Simone Gislimberti sono due giovani trentini che hanno intrapreso l’avventura di Lìmit, un viaggio su due ruote tra le Dolomiti per raccontarne le sfide odierne, ma anche un documentario per sensibilizzare sulle crisi che stanno affrontando le nostre montagne. La première di Lìmit è andata in scena sabato 6 aprile al Teatro di Ravina, registrando un tutto esaurito. Nei prossimi mesi sono in programma altre proiezioni e eventi legati al documentario per diffondere il più possibile il suo importante messaggio. Abbiamo avuto l’occasione di incontrare Emanuele per farci spiegare qualcosa in più sul progetto.

Emanuele, che cos’è Lìmit? Che messaggio porta con sé?

Lìmit è prima di tutto una spedizione. Io e Simone siamo partiti da casa nostra in bicicletta per visitare i luoghi del territorio che ci circonda che evidenziano in modo molto visibile alcune situazioni attuali e urgenti: il cambiamento climatico e la crisi derivante dal turismo di massa e dallo sfruttamento della montagna. Abbiamo deciso di partire da casa perché, insieme all’evidenziare questi aspetti, volevamo anche provare a lanciare un messaggio diverso e positivo: dimostrare che si può andare in montagna in un altro modo, meno inquinante, meno rumoroso e meno problematico. Ci si può muovere con le proprie gambe e questa è una cosa bella, non costa solo più fatica ma ci si possono ricavare anche più emozioni. Abbiamo scelto di percorrere le Valli più colpite da queste crisi, sempre più urgenti, e che sperimentano grandi problemi per chi vive il territorio. Non siamo però autonomi nel raccontare tutto ciò, ci siamo affidati a vari esperti e abbiamo chiacchierato un po’ con le persone che vivono quelle zone.

In Lìmit, quindi, si dà voce a voi e alle vostre esperienze, ad esperti ed esperte e alle persone del luogo. Cosa emerge da questa moltitudine di voci?

Emerge, in primo luogo, che si sta sviluppando un bel movimento di studiosi che si interessano e che iniziano a trattare queste tematiche con importanza, dandoci peso. Emerge, poi, che la popolazione che vive nei territori sta effettivamente soffrendo le dinamiche attuali. Questo è qualcosa che gli studiosi non si immaginavano, perché il turismo sì, riempie la valle, ma in alcuni casi è vissuto come un problema. Emerge anche che ci sono nuove possibilità e nuove idee per lavorare e per curare, per cambiare. Noi abbiamo provato a raccontare tutto questo con un documentario. Sono usciti alcuni libri e stanno uscendo vari articoli sulla tematica, noi abbiamo scelto un linguaggio comunicativo diverso che, secondo me, può anche essere più interessante per i giovani delle scuole.

Il titolo del vostro progetto è Lìmit, un chiaro rimando al senso di limite. Di quale limite parlate? Quale messaggio volete trasmettere a riguardo?

Si tratta di un limite da ritrovare e da non superare. Un limite che resti tale e che non si cerchi di rimuovere e spostare. Un limite non necessariamente esterno e che crei disagio ma che, al contrario, si possa ascoltare per stare meglio. Il limite in questione può essere alle presenze di turisti, al numero di seconde case, di macchine che possono transitare o di giornate per le quali si possono raggiungere determinati luoghi in auto. In sintesi: un limite al turismo e ai consumi sfrenati.

L’intervista continua qui.

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sabato 27 Luglio 2024