Chiudi

Un'esperienza su misura

Questo sito utilizza cookie tecnici e, previa acquisizione del consenso, cookie analitici e di profilazione, di prima e di terza parte. La chiusura del banner comporta il permanere delle impostazioni e la continuazione della navigazione in assenza di cookie diversi da quelli tecnici. Il tuo consenso all’uso dei cookie diversi da quelli tecnici è opzionale e revocabile in ogni momento tramite la configurazione delle preferenze cookie. Per avere più informazioni su ciascun tipo di cookie che usiamo, puoi leggere la nostra Cookie Policy.

Cookie utilizzati

Segue l’elenco dei cookie utilizzati dal nostro sito web.

Cookie tecnici necessari

I cookie tecnici necessari non possono essere disattivati in quanto senza questi il sito web non sarebbe in grado di funzionare correttamente. Li usiamo per fornirti i nostri servizi e contribuiscono ad abilitare funzionalità di base quali, ad esempio, la navigazione sulle pagine, la lingua preferita o l’accesso alle aree protette del sito. Comprendono inoltre alcuni cookie analitici che servono a capire come gli utenti interagiscono con il sito raccogliendo informazioni statistiche in forma anonima.

Prima parte6

cm_cookie_cookie-wp

PHPSESSID

wordpress_test_cookie

wordpress_logged_in_

wordpress_sec_

wp-wpml_current_language

YouTube1

CONSENT

Scopri di più su questo fornitore

Google3

_gat_

_gid

_ga

Scopri di più su questo fornitore

Cicerone e “petaloso” (Parte I)

Se improvvisamente, per incanto o per tecnologia, fossimo in grado di riportare in vita il celebre oratore latino Marco Tullio Cicerone, indiscusso maestro di prosa per molti secoli, sulle cui opere schiere e schiere di studenti si sono spaccati (per fortuna!) e si spaccheranno ancora (speriamo) la testa, catapultandolo dal I secolo a.C. nella Roma del 2016, egli rimarrebbe probabilmente un po’ sorpreso.

La gente nella Città Eterna non parla più la lingua di Romolo e Remo (ma neanche lui la parlava, a dire il vero), sostituita da una delle di lei belle figlie neolatine e sopravvissuta come idioma ufficiale, definito e a sé stante, solo in un’istituzione religiosa che lui non ha mai conosciuto in vita e che forse – ipotizzo in attesa di poterglielo chiedere direttamente – non avrebbe mai approvato.

anc241044_v1 banner

O tempora! O mores! Superato il primo spaesamento, il povero Marco, prima di gridare allo scandalo e allo scempio perpetrato ai danni della sua amata lingua latina, cercherebbe di raccogliere qualche notizia (come ha sempre fatto, d’altronde, prima di prendere parola in un tribunale) e, leggendo libri su libri di storia della lingua in qualche biblioteca (ma sì, trattatistica del genere in lingua latina se ne trova ancora), ricostruirebbe un quadro complesso e stratificato, fatto di ingenii che si sono spesi sull’argomento e non di tweet (lungi da lui il termine!) pubblicati su Internet, che in moltissimi secoli (millenni? Non è esagerato), per svariati motivi (dalla disgregazione dell’Impero romano e della sua già precaria unità linguistica alla ridefinizione dei rapporti politici e commerciali tra popoli, dall’emersione di sostrati linguistici mai del tutto soffocati a un costante movimento di idee e persone), ha portato alla nascita della lingua italiana, a scapito di quella latina.

Ma quale lingua italiana? Si renderebbe subito conto che la lingua di Dante non ècertamente quella di Niccolò Machiavelli, così come quella di San Francesco d’Assisi non è quella di Alessandro Baricco o dei Modà. Allo stesso modo e per le stesse ragioni, dovrebbe ammetterlo, nemmeno il latino dei fondatori di Roma era quello scritto e parlato ai suoi tempi da lui o da Giulio Cesare.

Il nostro sempre più sconcertato Cicerone, con un po’ di rammarico ma anche una certa curiosità, si troverebbe all’improvviso a fare i conti con le differenze linguistiche (che, da persona intelligente, non chiamerebbe tuttavia errori) tra una delle sue Catilinarie e una tragedia di Seneca o l’ultima enciclica papale. Di nuovo, da persona seria e riflessiva, non imprecherebbe contro un destino beffardo e ingrato: capirebbe subito (ma credo che già lo sapesse) che la lingua non appartiene solo a lui, ma a tutti coloro che la parlano e che, proprio per il fatto che la sfruttano e la tengono viva, la modificano e le fanno prendere esiti inaspettati e imprevedibili, all’interno di una cornice quasi darwiniana che regola ogni aspetto della vita umana, facoltà linguistica compresa, facendo sopravvivere solo ciò che è adatto a sopravvivere e morire ciò che, per qualche motivo non sempre così facile da comprendere, non serve più.

Se così non fosse, d’altronde, non avremmo forse mai sentito parlare, purtroppo, di “trovatori provenzali” o di “scuola siciliana”, esperienze poetiche che, immagino, avrebbero allietato per qualche momento anche l’animo turbato del malcapitato risorto.

Leggi anche:
Cicerone e “petaloso” (Parte II)

UnderWord
Lascia un commento

I commenti sono moderati. Vi chiediamo cortesemente di non postare link pubblicitari e di non fare alcun tipo di spam.

Invia commento

Twitter:

sabato 23 Settembre 2023