Fuori la politica dallo sport?

Ogni volta che un atleta compie (o non compie) un gesto di valenza politica, le bocche di tutti si riempiono di polemiche. “Basta mischiare sport e propaganda! Lasciamo la politica fuori dal campo!”. Un classico.

È una discussione ricca e complessa che richiederebbe ben più di un articolo, ma credo valga comunque la pena affrontare l’argomento per ricordarne l’importanza.

Partiamo da un presupposto: credere che gli atleti siano semplici atleti è una convinzione che può essere dettata solo da ingenuità o, peggio, da malafede. Tanto per citare un caso recente: spostando una bottiglia di una bevanda, Cristiano Ronaldo è in grado di spostare a sua volta miliardi in borsa e di modificare lo stile di vita di chissà quante persone. Gli sportivi di un certo calibro sono portavoci, modelli e punti di riferimento per una platea anche più vasta di quella di molti personaggi politici, e questo la politica lo sa benissimo.

Altrimenti non si spiegherebbero certe decisioni (quando non addirittura intrusioni) da parte delle sfere politiche in ambito sportivo. Pensiamo alle procedure penali contro Sebastian Vettel al Gran Premio d’Ungheria, dovute alla decisione del pilota di indossare la maglia arcobaleno “Same Love” anche durante l’inno nazionale. Pensiamo al divieto di proiettare i colori arcobaleno sull’Allianz Arena di Monaco agli scorsi Europei per non infastidire il governo ungherese.

Lo sport si è da sempre fatto veicolo di valori e di messaggi importanti. E per fortuna.

Per fortuna, Gino Bartali ha usato la propria bicicletta contro il fascismo. Per fortuna, Jesse Owens (figlio di un povero agricoltore nero) vinse quattro medaglie d’oro alle Olimpiadi berlinesi del ‘36, organizzate per promuovere la teoria della superiorità della razza ariana. Per fortuna, all’Estadio Olimpico Universitario di Città del Messico nel ‘68 Smith e Carlos alzarono i loro pugni a sostegno delle Pantere Nere. Chissà per quanto ancora si potrebbe andare avanti.

Ecco perché, quando si chiede a dei calciatori o a LeBron James di non schierarsi a favore del movimento Black Lives Matter, si dimostra di non aver compreso l’importanza dello sport come mezzo di comunicazione, oltre che di attività fisica. Lo spiega bene Simon Darnell, professore associato di Sport for Development & Peace all’Università di Toronto: «Penso che il mondo sia un posto migliore quando gli atleti sono visti come cittadini e non solo come persone che usano il proprio corpo».

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sabato 27 Luglio 2024