Che cosa ci lascia il Tour de France 2024?
It doesn’t get any better than this, dicono oltreoceano di fronte a espressioni sportive fuori dal comune. Si sa: gli statunitensi hanno un’altissima stima di se stessi, per cui ritengono che quello che combinano sia il non plus ultra. Vale per lo sport ma, credo, anche per altri campi della realizzazione umana. Questa espressione mi ronza in testa da alcune ore, e precisamente da quando Tadej Pogačar ha tagliato il traguardo (vittorioso per la sesta volta) dell’ultima tappa del Tour de France, che per la cronaca ha vinto, dominato. Sul podio, alle sue spalle, siedono Jonas Vingegaard e Remco Evenepoel. I tre fenomeni si sono dati da fare per tre settimane, 21 tappe, 3000 e passa chilometri, partendo da Firenze e arrivando a Nizza. Senza esclusione di colpi, senza mai tirarsi indietro, senza rallentare, senza mai darsi per vinti se non dopo aver tentato un ennesimo attacco. E poi un altro, un altro ancora.
No, it doesn’t get any better than this. O è davvero difficile possa capitare. Il Tour de France 2024 è stato qualcosa di unico dal punto di vista ciclistico. Così tante storie che si sono intrecciate, tanti record che potevano essere raggiunti e superati e che sono stati raggiunti e superati. Un Tour di primissime volte e di strepitose riconferme. Ci sarebbe talmente tanto da raccontare che non si sa quasi da dove cominciare. Proviamo ad andare con ordine.
Il re, l’imperatore del Tour de France è lo sloveno Tadej Pogačar. Ha dominato in lungo e in largo e la sua leadership non è mai stata messa in discussione. Ha vinto sei tappe, pareggiando il conto con il Giro d’Italia: sei vittorie nella Corsa Rosa, sei nella Grande Boucle. Mai nessuno come lui: abbiamo assistito in prima persona alla storia nel suo svolgersi. Anche perché ha vinto il Giro e ha vinto il Tour nello stesso anno. Non capitava dal 1998, e allora la doppietta aveva portato la firma di Marco Pantani.
Il grande avversario di Pogačar nelle ultime tre stagioni è stato il danese Jonas Vingegaard, classificatosi quest’anno secondo. Ci si aspettava di più da lui? Forse qualcuno sperava in un Vingegaard simile a quello dell’anno scorso, o almeno in grado di dare del filo da torcere a Pogi. Ma ci si dimentica troppo facilmente il percorso di avvicinamento del danese al Tour: tre mesi fa, vittima di una terribile caduta, entrava in terapia intensiva con uno pneumotorace, la clavicola e alcune costole rotte. Ha ripreso a pedalare un mese e mezzo dopo e si è presentato alla partenza del Tour senza correre un giorno. Arrivare secondo e mostrare una tenacia e una forza di volontà sovrumane sembrano già un traguardo impensabile. Chapeau, Jonas: non avrai vinto il Tour, ma hai conquistato il cuore dei tifosi.
Onore al merito anche per Remco Evenepoel. Primo Tour della carriera, concluso con un ottimo terzo posto e con delle prestazioni che fanno ben sperare per il futuro del belga nelle lunghe corse a tappe. Non è mai stato al livello di Pogačar e nemmeno, nonostante i proclami, a quello di Vingegaard. Ma le stagioni sono tutte diverse, quindi chissà. Dovrebbe smussare certi aspetti del suo carattere, quelli che gli fanno pronunciare pugnaci dichiarazioni spesso fuori luogo nel vocabolario ciclistico moderno. Ma forse lo si ama anche per questo.
Sport
Twitter:
domenica 8 Dicembre 2024