Argentina sul tetto del mondo: c’è un limite alle celebrazioni?

La cavalcata che ha portato l’Argentina a vincere la tercera, un Mondiale che mancava dall’86, quando la maglia numero 10 era ancora di un certo Diego Maradona, è stata sicuramente una di quelle più emozionanti di sempre, specie perché è stata il coronamento di una carriera come quella di Lionel Messi, che aveva già sfiorato il trofeo nel 2014, quando si era arreso solo di fronte alla Germania in una finale al cardiopalma. A differenza del torneo brasiliano, Leo ha avuto un ruolo molto più decisivo: c’è stata quella freddezza, definita da sempre come un tallone d’Achille. Il piglio di Messi è stato diverso dal solito e l’intera squadra sembra averne risentito: nell’ultima edizione della Coppa America, vinta in finale contro il Brasile, la squadra era stata ottima nel reggere lo stress, ma il comportamento dei giocatori non era mai stato percepito come “esagerato”, a differenza di questo caso.

Già dai gironi era stato imputato alla Pulce di aver usato una maglietta messicana, scambiata nel post partita, come uno straccio, dopo che delle immagini erano trapelate dagli spogliatoi. La smentita è stata pronta e le scuse dei tifosi del Tri non sono tardate, ma – dopo la vittoria agli ottavi con l’Australia – il clima respirato durante i quarti di finale contro l’Olanda, è stato ben diverso. L’approccio dei vicecampioni mondiali del 2010 è sempre stato “psicologico”: si scalfisce la sicurezza degli avversari con le parole prima e con un gioco molto duro poi; l’Argentina li ha ripagati con la stessa moneta. L’esempio perfetto è la pazzia di Paredes, che ha scagliato una pallonata contro la panchina olandese senza un perché preciso, ma anche la scalmanata esultanza dopo i tiri di rigore “in faccia” alla squadra Oranje, a pezzi per l’eliminazione. Leo nel post partita si è anche reso protagonista in negativo: ha richiamato Weghorst, autore di una doppietta, reo di averlo semplicemente guardato storto. Il tutto è stato giustificato con uno scaricabarile dei più classici: “hanno cominciato loro”, ma non si è fatto in tempo a risolvere la questione che se ne è aperta un’altra.

In semifinale l’Albiceleste ha eliminato la Croazia, che non ha avuto molto da lamentare visto il secco 3-0, se non che la direzione di Orsato sia stata “scandalosa”, parola di Luka Modric. Inghilterra e Brasile, invece, hanno lamentato i cori dei futuri campioni, perché in un video nello spogliatoio – postato sui social, come di norma – prima è stato deriso il Brasile per la sconfitta in Coppa America, poi è stato il turno dell’Inghilterra: sono state tirate in ballo le Falklands o, come preferiscono loro, Malvinas. La finale è stata un tripudio di polemiche: prima Martinez, decisivo con il suo appeal ipnotizzante, ha usato il premio di “Miglior Portiere” a mo’ di fallo verso i tifosi transalpini, poi c’è stato negli spogliatoi “un minuto di silenzio per Kylian che è morto”. Le celebrazioni degli argentini, al rientro in patria, hanno seguito la stessa traccia, al punto che il presidente della Federazione calcistica francese, Noël Le Graët, ha chiesto di aprire un’inchiesta quando i cori sono diventati di stampo razzista. La FIFA non si è ancora espressa, evidentemente Infantino in quei giorni “si sentiva argentino”.

Il mondo del calcio si è scatenato contro l’Argentina, ma tenendo conto che sarà l’ultimo Mondiale per questa generazione e che ora il capitano ha pareggiato quel che gli “mancava” nel paragone con Maradona e ha scavalcato – secondo i più – anche Cristiano Ronaldo, le celebrazioni sfrenate potrebbero essere comprensibili. Il comportamento non esemplare sul campo, inoltre, potrebbe essere visto anche come un asso nella manica, come nel “nostro” 2006: Materazzi è stato antisportivo nei confronti di Zidane, ma chissà se senza la storia sarebbe stata diversa da come la conosciamo. Visto il periodo che il calcio italiano sta vivendo è meglio non chiederselo, onde evitare di finire in pensieri più bui di quelli che già ci accompagnano; quel che è certo è che i tiri di rigore non sono un bel momento per la nazionale di calcio francese del 21° secolo.

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sabato 27 Luglio 2024