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Ulay, Marina Abramović e il segreto degli amori finiti

Dopo aver guardato per la centesima volta il video della performance The artist is present di Marina Abramović al MoMA di New York, mi sono decisa ad andare alla ricerca di qualche informazione sull’artista e sull’ex compagno Frank Uwe Laysiepen, noto al pubblico come Ulay.

I loro sguardi, incrociatisi nuovamente dopo ventidue anni, mi hanno spinta (senza lasciare scampo) a volerli conoscere più a fondo. Sulla loro storia d’amore sono stati versati fiumi d’inchiostro, costruendovi attorno innumerevoli luoghi comuni e raccontando spesso solo alcuni dettagli (non sempre rilevanti) di quanto fu. Il vero problema del narrare le storie degli altri, ma soprattutto i sentimenti, è che non sempre si riesce ad essere obbiettivi, e si finisce quindi per proiettare emozioni che non appartengono ai protagonisti della narrazione. Certo è che, se ci si imbatte nel video sopracitato, è difficile non palpare quasi con mano la commozione dei due che nel 2010 si ritrovavano, ventidue anni dopo la fine della loro relazione, conclusasi nel 1988 sulla muraglia cinese.

Ho compreso che passare il tempo a spulciare articoli in internet scritti “da altri” non avrebbe mai potuto restituirmi una visione realistica di quanto accadde. Ho ritenuto quindi più giusto affidarmi ad un documentario di Christian Lund, curatore di Louisiana Channel, dove sono Marina ed Ulay (in prima persona) a raccontarsi. Nell’intervista i due narrano parallelamente di come si conobbero partendo dal 1975, quando, per la prima volta, si incontrarono ad Amsterdam. Al di là dell’attrazione fisica furono alcune straordinarie coincidenze ad unire i due, nati entrambi il 30 novembre, giorno che (entrambi curiosamente) odiavano.

«Facemmo un patto: quello di incontrarci di nuovo», racconta Ulay: «Ci saremmo rivisti in un punto geografico situato esattamente a metà strada fra Amsterdam e Belgrado: Praga. Lì iniziò una storia fatta d’amore fisico, sessuale, passionale e fraterno, per sempre. Furono tali sentimenti a spingerci a diventare una coppia». «Decidemmo di vivere (da nomadi) e lavorare insieme», racconta Abramović, sottolineando quanto fossero ossessionati dal proprio mestiere: fare arte. Così, mentre Ulay vendeva le sue polaroid guadagnando quanto bastava per vivere, Marina si occupava della loro nuova casa su ruote, che per lunghi anni li avrebbe portati in giro per l’Europa: «Di dodici di relazione, nove sono stati felici, gli ultimi tre invece sono stati terribili. Ma io ringrazio per tutto ciò, perché molti non arrivano nemmeno a nove anni», continua Marina: «È così bello guardarsi indietro. Eravamo davvero felici».

È questo, forse, il segreto degli occhi che dopo tanto tempo tornano a brillare: la capacità di apprezzare ciò che è stato, mettendo da parte rabbia e rancore, perché non c’è scritto da nessuna parte che ci si debba amare per sempre. È necessario però farlo con tutto il cuore per poter un giorno voltarsi indietro e comprendere di avere con sé un prezioso ricordo, da contemplare con lo sguardo di chi la vita ha scelto di viverla appieno.

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giovedì 28 Marzo 2024