L’Europa, il mondo e la crisi climatica: una battaglia senza fine?

Alzino la mano tutti coloro che prima d’ora hanno già sentito la frase “Non c’è un pianeta B”. E’ risaputo che quando si parla di crisi climatica non esiste un piano B perché, se la società odierna decide di non affrontare il problema del cambiamento del clima in modo appropriato, l’umanità, ahinoi, non avrà un secondo pianeta sul quale rifugiarsi ove la Terra dovesse divenire inabitabile.

Di questo si è parlato nel quarto webinar del ciclo “Visioni d’Europa” – Progetto organizzato dalla Fondazione Trentina A. De Gasperi al fine di mettere in luce i temi più importanti riguardanti l’agenda politica dell’Unione – intitolato “Europe for future: diving into the environmental challenge” a cura di Roberto Barbiero, fisico, climatologo e divulgatore scientifico presso la PAT e di Federica Dossi ed Emiliano Campisi, entrambi corrispondenti alla COP27 in Egitto.

L’incontro si è tenuto in lingua inglese. Per spiegare questa scelta a prendere l’iniziativa sono stati i ragazzi partecipanti a “Visioni d’Europa”, sostenendo che data l’importanza del problema del mutamento del clima terrestre, la lingua inglese è un mezzo fondamentale per sottolineare come esso sia d’interesse globale.

Successivamente ha preso parola il climatologo Roberto Barbiero che ha espresso in termini di dati scientifici tutto ciò che riguarda il cambiamento climatico. Dunque, che cosa ci dice la scienza? Il clima sta mutando in modo più rapido del previsto e in modo drammatico: la temperatura terrestre sta superando la soglia accettabile per evitare danni irreversibili ai sistemi fisici terrestri, quali l’innalzamento del livello del mare e la perdita di ghiaccio. Inoltre, eventi climatici estremi come ondate di calore, forti piogge e siccità, sono sempre più frequenti e gravi. Infatti, alcuni dati di rilievo ci dicono che il 2022 è stato l’anno più secco dal 1800 ad oggi, nonché il secondo anno più caldo mai registrato in Europa. Il problema è quindi critico, complesso ed imminente e l’influenza delle attività umane sul riscaldamento globale è evidente. Per agire, secondo il climatologo, dobbiamo ridurre attivamente le emissioni di CO2 e gestire i rischi degli impatti dei cambiamenti climatici.

Ma veniamo all’Unione Europea: che ruolo ha l’Europa nell’approcciare questo problema? L’Europa sta facendo abbastanza? Queste domande trovano risposta nell’intervento di Federica Dossi, che ha illustrato il quadro legislativo dell’UE. L’obiettivo dell’UE infatti è quello di raggiungere la neutralità climatica piuttosto che quello di raggiungere le zero emissioni. A tal proposito, l’UE ha attuato l’European Green Deal, il quadro di azioni da intraprendere con gli stati membri per ridurre le emissioni e per compensare quelle rimanenti. Un’altra misura attuata è l’European Climate Law, che contiene gli obiettivi del Green Deal. Lo scopo principale è rendere la neutralità climatica giuridicamente vincolante entro il 2050. Tuttavia, sebbene l’Europa stia facendo molto per risolvere il problema, questo, purtroppo, non è sufficiente. Le azioni intraprese sono troppo lente e l’UE dovrebbe agire molto più velocemente per annullare i cambiamenti in corso.

Infine è intervenuto Emiliano Campisi, che ha illustrato il tema principale della COP27: “Loss and Damage”. Con questo termine ci si riferisce alle conseguenze negative ed ai danni causati da eventi climatici estremi nei paesi colpiti. Alcuni paesi in tutto il mondo emettono a malapena gas serra, ma sono i più colpiti da inondazioni e altre gravi catastrofi climatiche, come ad esempio i paesi insulari in via di sviluppo nel Pacifico. Altri invece non possono permettersi di adattarsi alla crisi, sebbene riguardi anche loro. Il continente africano, ad esempio, contribuisce meno al cambiamento climatico ma è il più vulnerabile ai suoi impatti. Per far fronte a questo problema è stato introdotto il Loss and Damage fund: un fondo internazionale che dovrebbe andare a risarcire i danni ambientali a questi paesi con le risorse economiche dei paesi responsabili delle maggiori emissioni di CO2. Un altro tra i progetti discussi è stato Just Transition: una serie di politiche che mirano a tenere conto degli interessi dei paesi in via di sviluppo, aiutandoli nel passaggio alle energie rinnovabili.

In conclusione, abbiamo la possibilità di risolvere il problema ambientale? In parole povere: possiamo farcela? Le prospettive sono sicuramente pessimistiche, ma la chiave alla risoluzione di questa crisi è agire ora e naturalmente mantenere un approccio positivo. L’Europa ha il compito essenziale di essere leader nell’affrontare il mutamento climatico e incoraggiare il passaggio a un cambiamento positivo nel resto del mondo.

Il prossimo webinar di “Visioni d’Europa”, in programma giovedì 2 marzo alle ore 17.00 e intitolato “Perché l’Europa non riesce a stare in pace?”, vedrà protagonista il politologo Francesco Strazzari.

Martina Giannini

Studentessa partecipante al percorso di alternanza scuola lavoro nell’ambito del progetto “Visioni d’Europa”

Scrittori di classe
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sabato 27 Luglio 2024