Peter Lindbergh. Heimat. A sense of belonging

La mostra fotografica Heimat, A Sense of Belonging (Milano, 22 febbraio 2020 – 10 gennaio 2021) che celebra il fotografo tedesco Peter Lindbergh (1944-2019), nonostante sia stata al momento sospesa a seguito delle ultime misure anti-Covid adottate, è da segnare sulla nostra “to-do list” come evento da non perdere.

A curare l’esposizione sono stati lo stesso Giorgio Armani che la ospita nel suo spazio Armani/Silos come omaggio ad un collega tanto stimato, e la Fondazione Peter Lindbergh, che ha messo a disposizione le opere fotografiche del visionario tedesco, molte delle quali inedite.

Il percorso della mostra è diviso in tre temi principali che hanno scandito il lavoro dell’artista, The Naked Truth, Heimat e The Modern Heroine. La prima sezione sintetizza la concezione artistica di Lindbergh, dove ciò che preme risaltare è la purezza di spirito e l’autenticità del soggetto immortalato. La singolare bellezza ricercata non è quella oggettiva e stereotipata, bensì si tratta di una bellezza non ritoccata, dove non domina un trucco pesante. Si tratta dell’esaltazione di una raffinatezza spontanea, di una verità autentica e non nascosta, dove lo scopo è custodire in un’immagine uno sguardo pieno di sentimento ed emozione. Sono un esempio i ritratti di Eddie Redmayne e di Catherine Deneuve. In queste tre immagini viene quasi rubato l’istante emotivo che si proietta e imprime nella lente dell’artista.

Heimat rispecchia un capitolo quasi malinconico dominato dal paesaggio industriale di Duisburg dove Lindbergh aveva vissuto durante gli studi. Le foto sono un mix di luce ed ombre, traspare una certa nostalgia e bellezza di un paesaggio umanizzato.

The Modern Heroine, la terza sezione della mostra, è l’emblema della singolarità dell’artista che concepì la fotografia di moda come uno strumento di carattere quasi politico, dove il capo non è in sé fondamentale. Il fulcro della scena è infatti la donna che trasforma ciò che indossa in strumento espressivo e di evasione dalla realtà come forma di emancipazione sociale, allo scopo di mostrare un carattere forte, quasi sprezzante.

Alexandra Carlsson, Beri Smither, Harue Miyamoto, 1993.

 

 

Marie-Sophie Wilson, 1987.

Durante tutta la sua carriera Lindbergh è stato capace di usate il suo obiettivo per mostrare la connessione emotiva che solo lui riusciva a creare con il soggetto che fotografava, portando alla luce quell’io profondo che ha reso la sua produzione così iconica.

Cultura
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sabato 27 Luglio 2024