Nel mezzo del cammin… il Danteum

Le celebrazioni per l’anniversario dei 700 anni dalla morte di Dante Alighieri sono state molteplici. Ma il Sommo Poeta era già stato identificato come il simbolo della cultura italiana in epoca fascista. Nel 1938 gli architetti razionalisti Giuseppe Terragni e Pietro Lingeri dedicavano a La Commedia un intero monumento che doveva essere installato lungo Via dei Fori Imperiali a Roma.

Nonostante il progetto sia rimasto irrealizzato a causa della sconfitta di Mussolini nella Seconda Guerra Mondiale, dai disegni traspare un’opera mastodontica che avrebbe dovuto accompagnare il visitatore in un percorso elicoidale ascendente dalle tenebre del peccato alla luce della salvezza: dall’inferno al paradiso passando per il purgatorio. Nell’idea di Terragni e Lingeri i materiali utilizzati e gli elementi architettonici avrebbero dovuto incarnare il significato dell’opera in una totale riproposizione del viaggio dantesco. A tal fine, dell’intera superficie solo un terzo sarebbe stato adibito a spazio espositivo e a biblioteca, il resto doveva essere Danteum, il tempio-museo dedicato a Dante.

Proprio come il Vate, il visitatore doveva prima di tutto addentrarsi in una selva oscura di cento colonne fitte e massicce come fusti di alberi secolari. La luce scendeva fioca da fessure nel solaio di copertura, esattamente come in una foresta filtra attraverso il fogliame delle ampie chiome. La sala ipostila diventava così un labirinto da attraversare con cautela alla ricerca di un varco che immettesse nella zona successiva.

Dopo la selva si giungeva, accompagnati da statue marmoree di dannati ad opera di Sirone, alla Sala dell’Inferno che si componeva di un altro colonnato, questa volta disposto su un tracciato geometrico a spirale: avvicinandosi al suo centro si sprofondava insieme alla pavimentazione risucchiati in un vortice di dannazione. Il soffitto si squarciava nei pochi punti luce che conferivano un effetto di penombra alla sala altrimenti completamente buia.

Attraverso un’interruzione nel muro si passava poi alla Sala del Purgatorio in tutto simile alla precedente. Ma se l’Inferno cercava di attirare il visitatore verso il basso, il Purgatorio lo sospingeva verso la beatitudine del Paradiso. Qui il movimento a spirale della pavimentazione assumeva un andamento ascendente e le fonti luminose in copertura si aprivano sul cielo a chiara indicazione della meta finale del viaggio.

Salendo poi all’interno di un’intercapedine si giungeva alla Sala del Paradiso, dove il fruitore aveva l’impressione di galleggiare sul pavimento, i cui elementi risultavano staccati l’uno dall’altro, mentre era inondato dalla luce divina proveniente dalla copertura totalmente vetrata. La sala si trovava esattamente sopra alla Selva e ospitava anch’essa un colonnato, ma lì dove le colonne erano in pesante e imponente pietra, qui sono state pensate in leggero e slanciato cristallo. I raggi del sole, attraversandole, le avrebbero smaterializzate riducendole a semplici ombre e riflessi.

“Salimmo sù, el primo e io secondo,
tanto ch’i’ vidi de le cose belle
che porta ‘l ciel, per un pertugio tondo.

E quindi uscimmo a riveder le stelle.”

Cultura
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mercoledì 9 Ottobre 2024