Mario Valentino Venzo, un’anima inquieta
Mario Valentino Venzo (1900-1989) cresce in una famiglia benestante e numerosa e fin dalla tenera età inizia a coltivare il sogno di dipingere. Frequenta lo studio a Venezia del pittore Amedeo Bianchi, ma predilige un percorso di formazione solitario seppur ricco di emozioni e di libertà. Artisticamente è un neofita, ma si dimostra insofferente alle imposizioni e per questo a metà degli anni Venti decide di andare a Parigi, capitale dell’arte. Qui cerca di trovare un proprio stile liberandosi della sua pennellata ottocentesca dipingendo fiori e vedute di Parigi e conduce una vita decorosa grazie all’assegno familiare, che però non durerà molto. Privato delle sicurezze economiche decide di provare a farcela da solo e l’iniziale spinta verso il sogno di libertà si trasforma in triste e disperata solitudine.
Riesce a superare questa fase con la vicinanza degli amici e alcuni lavori di decorazione. Nel 1928 si iscrive alla Société des artistes indépendants esponendo per loro con costanza e numerose sono le mostre a cui viene invitato, tra cui la Biennale di Venezia e la prima Quadriennale di Roma. Quando sembra che tutto intorno a lui si stia sistemando, è il suo animo a inquietarsi e la sua crisi esistenziale è impersonata da una anziana con le mani vuote e lo sguardo malinconico (Au but de la vie, 1934).
Il successo raggiunto a Parigi non gli basta, anzi, soffre delle invidie dei colleghi a causa del suo animo sensibile e contemplativo. Nel 1937 riceve la fortunata visita di padre Antonio Ferronato, cui seguiranno incontri significativi per l’avvicinamento dell’artista alla fede e la rinuncia dei piaceri mondani.
Con lo scoppio della Seconda guerra mondiale torna in Italia e nel 1941 intraprende il percorso per diventare gesuita rifiutando tutto, anche tele e pennelli. Dopo una grave crisi psicologica, nel 1945 gli è concesso di riprendere a dipingere, incoraggiato da alcuni confratelli più attenti e sensibili. Nelle nuove tele emerge un equilibrio e un’armonia faticosamente maturata fra la vita religiosa e l’attività artistica, come in Autoritratto (1946 ca.).
Da questo momento, nella sua arte prevale un orientamento espressionista con colori molto accesi, una svolta stilistica nata dalla sensazione di libertà respirata in un soggiorno brasiliano, per esempio in Via Crucis Mariana (1953), dove i soggetti religiosi sono trattati con forme semplificate e colori forti.
[ Via Crucis Mariana, IV stazione: Gesù incontra la Madre]
Evidente è il desiderio di ridurre il quadro a pochissimi elementi essenziali per esprimere quello che sente, un contatto di anima attraverso segni e colori, dove la figura umana si ritrova solo nella rappresentazione di tematiche sacre. Venzo possiede una prorompente carica espressiva e creatrice che, restando estraneo a movimenti e correnti, lo mantiene fedele alla sua forza interiore che si nutre di per l’arte e fede in Dio .
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domenica 8 Dicembre 2024