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La scuola siede tra passato e futuro: incontro con Vanessa Roghi all’Agosto degasperiano

L’ultimo incontro dell’Agosto degasperiano si è aperto e concluso giovedì 15 settembre all’auditorium Bonporti a Trento sulle note di Brahms e Ravel magistralmente eseguite dal pianista diciannovenne Jakob Aumiller.

L’evento dal tema La scuola siede tra passato e futuro (e deve averli presenti entrambi) ha visto la lectio magistralis della storica e autrice televisiva Vanessa Roghi sulla storia della scuola italiana a cavallo tra gli anni ’50 e ’70, ponendo particolare accento sulle personalità che hanno contribuito a plasmarla.

Come in tutti gli ambiti, anche in quello scolastico nel primo dopoguerra si sente la necessità di un cambiamento radicale rispetto alla precedente organizzazione imposta dal governo fascista. Come si può intervenire sul sistema scolastico con iniziative senza spesa? Come si può far entrare nella scuola questo fatto nuovo che è la democrazia? E ancora, nelle riflessioni di politici, pedagogisti e insegnanti a questi quesiti fondamentali se ne aggiunge un terzo, frutto del fenomeno delle migrazioni da sud a nord e da est a ovest che investe l’Italia tra il 1950 e il 1960: come si può insegnare la lingua italiana a ragazzi di estrazione diversa a cui mancano le parole stesse? Come si possono creare le stesse opportunità per tutti?

A livello normativo un passo nella giusta direzione arriva nel 1963 con la riforma delle scuole medie, che sancisce l’obbligo scolastico fino ai 14 anni d’età. Il secondo giunge a metà degli anni ’70 con i Decreti Delegati che permettono la partecipazione scolastica ai genitori, ma alla fine si rivelerà fallimentare – “Ci si conosce meglio per odiarsi di più” afferma Gianni Rodari sul Giornale dei Genitori -.

A livello didattico le cose si muovono con maggiore velocità. Già nel 1948 Mario Lodi si distaccava dalla lezione frontale, rovesciava la classe e metteva al centro l’esperienza diretta degli alunni, giungendo nel 1961 alla stesura di un libro di scrittura collettiva, Cipì. Nel 1955 si univa al Movimento di Cooperazione Educativa, un gruppo di insegnanti di ogni ordine e grado, che avevano fatto proprio l’esempio del pedagogista francese Freinet, che importando la tipografia nelle scuole dava voce ai propri studenti attraverso il giornalino studentesco. Si creò così un senso unitario di apprendimento reciproco: la scuola diventa il tirocinio quotidiano della democrazia.

Contemporaneamente a Barbiana Don Lorenzo Milani insegna l’italiano ai figli dei contadini e nel 1965 scrive alla giuria del proprio processo la frase che dà il titolo a questa serata: “la scuola siede tra passato e futuro (e deve averli presenti entrambi)”. Con questa affermazione vuole sottolineare la differenza tra un’aula di tribunale, nella quale le norme del passato vanno applicate anche quando sono ingiuste, e l’aula scolastica, nella quale si deve guardare criticamente al passato per migliorare il futuro.

Spostandoci in Emilia Romagna nel 1973 Gianni Rodari organizza un corso di aggiornamento per insegnanti, La grammatica della fantasia, nel quale li invita a non demolire la strada vecchia ma a reinventarla: a usare gli errori per imparare. Gli alunni devono essere i protagonisti, in quanto impastati di ignoto. Gli adulti devono avere funzione strumentale, essere a loro disposizione, come una scala che permetterà loro di superarli.

“Si deve conservare il fuoco vivo e non la cenere morta del passato: per questo la tradizione va conosciuta ma anche reinventata”, conclude Roghi, salutando poi con la lettura di Le storie nuove di Rodari:

 

“E ancora gira e spera
ancora di trovare
qualcuno che abbia voglia
di starlo ad ascoltare,
qualcuno che capisca
che sbagliando, per prova,
con una storia vecchia
si può fare una storia nuova.”

Cultura
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