La calligrafia e l’arte islamica
[Fig.1] Veste talismanica con scritti i 99 nomi di Dio nell’Islam, altrimenti detti “99 bei nomi di Dio”
[Fig.2] Iscrizione interna: “Acquista conoscenza, perché l’uomo non nasce sapiente, il colto e l’ignorante sono di differenti categorie, un uomo del più alto rango che si riveli ignorante perde il suo status”
La lingua araba appartiene al ceppo semitico e la sua scrittura ha una derivazione nabatea, mescolata a un corsivo aramaico unito al fenicio. L’alfabeto è composto da 28 lettere esclusivamente consonanti che mutano grafia a seconda della loro posizione nella parola. La calligrafia è la sublimazione artistica della scrittura e la sua diffusione è legata al messaggio coranico [Fig.1 e 2].
L’arabo si scrive in orizzontale da destra a sinistra e ha tre stili principali: mudawwar (arrotondato), mutallath (triangolare), ti’m (in varie tendenze angolose, estese o allungate). Una variante di un’ulteriore variante del ti’m è il cufico, che prende il nome dalla città iraniana Kufa ha un andamento rigido e angoloso, utilizzato nelle iscrizioni monumentali e nel Corano. Le varianti del cufico dipendono dal trattamento delle sue aste: fogliato, fiorito, annodato e animato, se sono inseriti volti animali e umani.
Sei sono gli stili corsivi più usati dai calligrafi musulmani: thuluth, scrittura molto elegante le cui aste sono tre volte più alte delle lettere orizzontali; naskhi, la più impiegata; muhaqqaq, le cui lettere sono meno angolose; rayhani, dal nome del suo calligrafo, è una sintesi dei tre corsivi precedenti; tawqi, che significa firma ed è una scrittura con caratteristiche di ufficialità; riqa, usata per argomenti profani.
Nella società islamica medievale i calligrafi erano di rango elevato e pertanto molto rispettati: la loro era considerata l’attività più consona a un buon musulmano.
Le applicazioni di brani epigrafici compaiono sempre in architettura, non vi è monumento islamico che non presenti una scritta. Gli artisti musulmani sono sovente anonimi ma gli scrivani e i copisti erano ben orgogliosi di firmare le loro opere.
Nel pannello in mosaico ceramico [Fig.3] vi è un’iscrizione coranica: le lettere nere si stagliano su uno sfondo a base bianca con girali spiraliformi turchesi a motivi floreali. Questo effetto incastonato era di grande decorazione ma molto dispendioso e fu pertanto sostituito dalla cuerda seca. La cuerda seca permette di isolare le diverse paste vitree tramite un sottile strato di manganese, come nella mattonella di ceramica [Fig.4] con lettere bianche su sfondo nero e girali in turchese.
All’arte funeraria appartiene invece la mattonella inedita in “pasta fritta” dipinta a lustro metallico [Fig.5]. Al centro è sagomato un mihrab (nicchia) con all’interno una dicitura in stile nasta’liq recante in alto l’invocazione “Dio, l’Eterno” seguita da alcuni versetti del Corano, il nome del defunto e l’anno. Sulla cornice è riportata l’invocazione alla benedizione di Dio ai 12 Imam e negli angoli in cufico geometrico è riportato il nome di Ali e dell’esecutore Sayyid Muhammad.
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domenica 8 Dicembre 2024