Il mondo del cinema e quelle piccole porte per accedervi: una chiacchierata con Stefano Ortolani
Stefano Ortolani ha 33 anni e orbita attorno al mondo dell’audiovisivo da 10 anni. Si è laureato nel 2012 presso la facoltà di Tecniche Artistiche e dello Spettacolo dell’Università di Ca’ Foscari a Venezia per poi proseguire i suoi studi a Milano come adattatore dialoghista per il doppiaggio.
Come è nata la tua passione per il cinema?
Credo di aver ereditato la passione per il teatro e il cinema dai miei genitori.
Finito il liceo pensavo di iscrivermi ad antropologia, ma scelsi di venire a patti con i miei sogni. Volevo diventare uno sceneggiatore. Fu una decisione repentina. Nel giro di una settimana, dalle montagne del Trentino, mi ritrovai fra i canali di Venezia.
Attualmente di cosa ti occupi? Lavori nel settore o hai trovato altrove?
Faccio un po’ di tutto. Il cinema per me non è mai diventato un lavoro vero è proprio, è rimasto una mia passione, ma ne sono soddisfatto. Sento di riuscire ad esprimermi meglio e divertirmi di più in questo modo. Riguardando indietro, mi rendo conto di aver fatto un sacco di cose. Non che tutto mi riuscisse bene, ma ho avuto l’opportunità di fare esperienza in molti ruoli sul set e fuori dal set. Oggi mi mantengo con un lavoro completamente estraneo al cinema: lavoro in ufficio e mi occupo di amministrazione e controllo di gestione e, inaspettatamente, anche questa esperienza mi ha fornito competenze per accedere al mondo della produzione, dei bandi e delle agevolazioni fiscali, fondamentali per creare progetti audiovisivi più ambiziosi. In questo periodo sto girando un videocorso di cosmetica professionale per un’azienda trentina.
Che possibilità ti ha dato il tuo percorso di studi e che competenze hai acquisito?
Il TArS di Venezia era un percorso non molto diverso da quello del DAMS di Bologna. Mi ha fornito una base teorica preziosa e stage che mi hanno fatto conoscere progetti interessanti e persone meravigliose, ma è stata l’esperienza sul campo, sia con appassionati, sia con professionisti, ad essere stata determinante per la mia formazione. Anche i piccoli corsi che ogni tanto qualche ente o associazione organizza non sono da trascurare: danno la possibilità di parlare con professionisti del settore, ottenere nuove competenze e incontrare altri appassionati. Molte delle persone con cui ho lavorato le ho incontrate partecipando a questi corsi, come Leonardo Fabbri, Cecilia Bozza Wolf, Corrado Measso e Carlo Missidenti.
Parlaci della tua presenza, con un film, alla 71° edizione del Trento Film Festival.
È una grande emozione. Piero è un progetto nato dal laboratorio di documentario “Ciak! La montagna si gira”, organizzato dall’Associazione Revers Aps con il supporto di professionisti quali Cecilia Bozza Wolf, Alex Zancanella e Michela Tomasi. Ci siamo divisi in due gruppi da cinque e abbiamo realizzato le riprese scambiandoci ciclicamente i ruoli sul set. Piero racconta la sfida quotidiana di un uomo. Quella dell’arboricoltore è una professione pericolosa, poco nota, eppure importantissima per la salvaguardia dell’ambiente e delle aree urbanizzate in Trentino. Ogni giorno Piero scala le cime degli alberi armato di cordami, ramponi e motosega per mettere in sicurezza piante pericolanti o cresciute in posizioni non sicure. Ma è il suo stile di vita ad affascinare: una vita che vive da una prospettiva diversa dalla nostra. A mio avviso, è importante svelare queste piccole realtà nascoste. Per quanto breve, è stata un’esperienza straordinaria.
Com’è girare un film? Cosa c’è dietro che noi non vediamo?
Ci sono veramente tante cose. Per sceglierne un paio, direi: primo è la prospettiva. Lavorando anche solo una volta su un set si comprende la manodopera che c’è dietro, le scelte tecniche e artistiche. Non riesci più a guardare un film con gli stessi occhi: apprezzi di più le singole inquadrature, la difficoltà nel girare certi piani sequenza e la grammatica del cinema applicata.
Il secondo è il contributo che ogni professionista dà alla produzione. Tanti danno il merito di un buon film al regista, ma non tutti sono Kubrick. In realtà è un lavoro di squadra, in cui ognuno dà il proprio apporto. Direttore della fotografia, fonico, attori, montatore… Ogni ruolo presta la propria arte e contribuisce all’aspetto finale dell’opera.
Come si entra nel mondo cinematografico? Quali sono le maggiori difficoltà? Trento offre delle possibilità?
Vorrei essere chiaro su questo punto. Il mondo del cinema è immenso, ma non ci sono scorciatoie. Sembra un mondo chiuso, ma ci sono molte piccole porte per accedervi. Come ogni disciplina artistica, è un’arte del fare. Volete diventare sceneggiatori o critici? Guardate un sacco di film e iniziate a scrivere. Volete diventare registi? Prendete in mano una macchina da presa, reflex, videocamera o cellulare che sia e iniziate a sperimentare. Avete una vocazione più tecnica? Comprate un’attrezzatura e usatela, scopritene ogni segreto. Siete bravi a organizzare? Allora siete fatti per la produzione o l’aiuto regia, entrate in contatto con persone talentuose e proponetegli progetti. All’inizio i vostri primi lavori vi sembreranno brutti, ma è così che si comincia. L’importante è perseverare. Fare pratica e pubblicizzare i propri lavori è fondamentale. Vi dirò una cosa: entrare in un’università più teorica come il DAMS senza un obiettivo preciso è controproducente; le scuole di cinema più professionalizzanti, a numero chiusissimo, richiedono un portfolio, ergo dovreste aver già prodotto qualcosa per proporre la vostra candidatura. Ciò nonostante, oggi come non mai il mondo dell’audiovisivo offre infinite possibilità oltre al cinema o alla televisione: piattaforme per la condivisione di contenuti multimediali, aziende di distribuzione in streaming on demand disposte a distribuire film, serie, documentari o corti low cost. È un percorso ostico, ma ricordate sempre che se siete bravi o avete una buona idea, saranno gli altri a cercare voi.
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mercoledì 9 Ottobre 2024