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I miei sogni di rock ‘n’ roll – Ligabue, Campovolo, 04.06.22

Sabato 04 giugno 2022 è stato il giorno in cui ho finalmente capito. Ho capito cosa intendesse dire, Ligabue.

“È già partito il giorno dei giorni, fatto per vivere.
Il giorno dei giorni, tutto da fare e niente da perdere.
Il giorno dei giorni, senza più limiti.
Il giorno dei giorni, attimi e secoli. Lacrime e brividi”.

Parole cantate con naturalezza e un timbro che non si dimentica. Ma soltanto lì, in quella spianata sotto il cielo di Reggio Emilia, a Campovolo, io ne ho effettivamente colto il senso.

Il giorno dei giorni è quel giorno in cui ogni minuto è pieno. Il giorno in cui le emozioni non hanno limiti e si è liberi di essere totalmente se stessi. Il giorno dei giorni è quel giorno che si ricorda e che probabilmente si ricorderà per sempre. Per me Campovolo è stato il giorno dei giorni. Dopo due anni di attesa, sabato 4 giugno Ligabue ha finalmente acceso le luci sulla nuova RCF Arena di Reggio Emilia. Oltre 103mila mila persone per festeggiare 30 (+2) anni di carriera e di sogni di rock ‘n’ roll.

Ma mettiamo subito in chiaro le cose. Vivere Campovolo, è un conto. Raccontarlo, è un altro paio di maniche.

A Campovolo io c’ero. Tra migliaia di persone, tra quelli che Certe notti le hanno vissute, che i sogni di rock ‘n’ roll li hanno fatti per davvero e quelli che, come a recitare una preghiera laica, almeno una volta nella vita guardando in alto hanno chiesto: “Hai un momento Dio, o te o chi per te avete un attimo per me?”.

Ci siamo ritrovati lì, tutti insieme, come un grande gruppo di amici, a urlare contro il cielo. Si potrebbe tradurre con un semplice “Abbiamo vinto noi”.

Campovolo, per me, non è stato solo un concerto. È stato più un ripercorrere momenti della mia vita, recuperare ricordi sbiaditi e lucidarli dalla polvere. “Certe Notti” e i falò in spiaggia, “Urlando contro il cielo” e i primi viaggi in macchina, “Questa è la mia vita” e la ricerca di indipendenza, “Piccola Stella Senza Cielo” e i karaoke improvvisati e stonati, “Ho messo via” e le lacrime, “A modo tuo” e tutta la dolcezza del mondo.

“Non cambierei questa vita con nessun’altra”, la prima volta a Campovolo e io che penso “mamma mia quanti siamo!”. Potrei elencarle tutte. Canzoni che ho consumato o, meglio, vissuto dalla prima all’ultima nota, giorno dopo giorno, emozione dopo emozione, attimo dopo attimo. Trovarmi lì, con quelli là, diventare una tra quelli là, quelli tra palco e realtà.

Ho trascorso anni a immedesimarmi in ogni parola delle canzoni di Ligabue pensando che sì, tutte quelle parole stessero proprio parlando di me. Eppure, davanti a quel palco, perderle tutte. “Ho perso le parole eppure ce le avevo qui un attimo fa”. Forse ho capito anche questa di frase.

Insomma, Liga (lo chiamerò così, come un amico di vecchia data) per me è da sempre e (forse) per sempre. Perché anche se non si può amare tutti i giorni della vita allo stesso modo, certi amori, un po’ come Certe Notti, somigliano a un vizio che non voglio smettere, smettere mai.

E se siamo qui per dire che il meglio deve ancora venire, dopo Campovolo, io non so proprio cosa aspettarmi.

Cultura
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