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Eurovision Song Contest 2022: la parola all’esperto

Dal 10 al 14 maggio 2022 si è tenuta la 66esima edizione dell’Eurovision Song Contest al Pala Alpitour di Torino: quest’anno il compito di ospitare le tre serate di semifinali e finale è spettato infatti al nostro Paese, che ha scelto Laura Pausini, Alessandro Cattelan e Mika alla conduzione.

Abbiamo commentato l’evento con l’aiuto di Gianni Gatti, classe 1959, tastierista diplomato all’Istituto Musicale A. Vivaldi di Bolzano, speaker radiofonico nei primi anni ‘90 e tuttora membro di una band.

“La prima volta che rimasi colpito dall’Eurovision fu nel 1974, anno in cui vinse la Svezia con gli Abba. Da quel momento questa manifestazione ha iniziato ad assumere un’importanza sempre maggiore nel panorama musicale, fino all’anno scorso, quando, con la vittoria dei Maneskin, ha nuovamente fatto da trampolino di lancio per un’altra band che è diventata un fenomeno mondiale, arrivando a vendere 40 milioni di copie in un solo anno”, ci racconta.

Ma il festival non riguarda solo la musica: è prima di tutto un grande spettacolo, curato in ogni dettaglio, dalle coreografie alle scenografie, dai costumi al trucco. Anche l’edizione di quest’anno non è stata da meno: il palco è stato allestito con giochi d’acqua e di luci, le introduzioni a ogni performance venivano proiettate da un drone sulle bellezze architettoniche e paesaggistiche del nostro Paese, sono stati invitati esponenti importanti del panorama musicale italiano come Il Volo, la Pausini e Mika che hanno intrattenuto il pubblico con medley dei loro pezzi più conosciuti, e la finale si è aperta sullo sfondo di Piazza Vittorio, la più grande d’Europa, gremita di musicisti intenti a suonare i loro strumenti, in un grandioso colpo d’occhio.

“Quando si ha una grande platea televisiva, si è costretti a presentare le esibizioni in questo modo: si deve attirare e mantenere l’attenzione di tutto il pubblico, non solo quello presente fisicamente, ma anche quello a casa. C’è poi da sottolineare che non sono canzoni d’autore, ma principalmente musica leggera: l’Eurovision si può definire un festival internazional-popolare. Dopotutto in tre minuti queste canzoni devono convincere una giuria di qualità, una popolare e gli ascoltatori, mentre si è circondati da altri artisti che cercano di fare esattamente la stessa cosa. È una sfida difficilissima soprattutto per i Paesi dell’est Europa che non hanno una tradizione canora adatta ai festival, bensì più legata alla musica folkloristica, oppure a quella classica e sinfonica”, spiega Gianni.

Il forte legame con le proprie origini si è potuto notare soprattutto nelle esibizioni di Nadir Rustamli, il cantante dell’Azerbaigian, dotato di un timbro caldo e melodioso, e dei Zdob şi Zdub & Advahov Brothers, il gruppo moldavo, che ha portato un pezzo allegro e travolgente, simile ad una polka. “Altri invece hanno cercato delle contaminazioni esterne come l’estone Stefan, che aveva quasi una ballata country, e i rumeni WRS, che hanno proposto ritmi spagnoleggianti. Allo stesso tempo i Paesi nordici si rifanno agli Abba, che hanno creato un genere che è tuttora in grado di influenzare con le sue sonorità”, conclude Gianni.

Leggi la seconda parte dell’intervista.

 

Cultura
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domenica 28 Maggio 2023