COME NON LETTO: un classico no?

Alzi la mano chi non ha mai mentito. No, non mi riferisco a quelle piccole (e ammissibili) bugie di percorso. Parlo con voi, lettori, dall’ampio o ridotto bagaglio culturale che abbiate. Voi, che – in bilico sul filo dello snobismo – sfoggiate scaffali colmi di pagine, talvolta inarrivabili, di cui tanto vi pavoneggiate. Avete capito, no? Tutti i libri che non avete mai letto. Quei volumi che tutti hanno in casa, ma che nessuno legge, la cui sola presenza è in grado di rappresentare uno status symbol esclusivo: i classici.

Un classico è – citando Mark Twain – “qualcosa che tutti vorrebbero aver letto ma che nessuno vuole leggere”. Libri importanti, per fama quanto soprattutto per dimensioni. Libri che si citano, ma che puntualmente nessuno prende mai in mano. Parole abbandonate alla sola attenzione della polvere su degli scaffali e che da troppi anni non vengono consultate (talvolta pure giustamente). Sono quei libri in costante attesa, che ci fanno compagnia da sempre, ma per i quali non proviamo alcun tipo di attrazione, forse perché – in fin dei conti – dal momento che sono stati letti da tutti (ma proprio tutti), è come se almeno in parte li avessimo letti pure noi, anche solo per sentito dire.

Un giudizio malizioso potrebbe descrivere i classici come meri simboli di appartenenza sociale o come mondi lontani che producono sentimenti contrastanti: paura e fascino. Libri sopravvissuti al filtraggio culturale messo in atto dalla storia e ai suoi processi darwiniani, di cui possiamo tracciare la memoria. I best-sellers di una volta che noi, per fortuna o per malasorte, direttamente o indirettamente, siamo tenuti a conoscere. I libri che siamo soliti annoverare tra la ristretta cerchia dei “classici” non sono nati con il marchio di origine controllata inciso sulla copertina. I classici non nascono classici, ma lo diventano – anche semplicemente per effetto dello scorrere del tempo. Essi si sono guadagnati un’aurea e un’immunità sacrale, un rispetto che li rende intoccabili e che induce (praticamente tutti) a vergognarsi nel confessare le proprie lacune in materia, al punto tale da preferire fingere. Un prestigio sacro di antico retaggio di cui, ironicamente, troviamo un esempio in quel famoso libro onnipresente e infinitamente citato, ma meno aperto in assoluto: la Bibbia.

Forse bisognerebbe avere tutti più fiducia nel filtro della storia, nell’inesplorata capacità dei classici di affermarsi come tali e nel nostro narcisistico desiderio di esserne arrivati al termine. Così, infatti, dichiarava Calvino nella racconta di saggi da lui intitolata Perché leggere i classici: «Non si creda che i classici vanno letti perché “servono” a qualcosa. La sola ragione che si può addurre è che leggere i classici è meglio che non leggere i classici».

Cultura
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domenica 8 Dicembre 2024