Breve trattato eno-gastronomico veneto

Da veneto posso vantare assai poco in ambito gastronomico. Se pensi al Veneto, e alla sua cucina, ti vengono in mente al massimo il Prosecco o l’Amarone della Valpolicella o il Soave. Tanti vini (buoni e famosi), ma nessun piatto tipico. Il che, peraltro, si attaglia perfettamente con l’immagine che il mondo tutto ha dell’esemplare veneto standard: acchiucchito, verbalmente manesco, asfissiantemente logorroico, compagnone. Insomma, siamo gente che vede più spesso (e volentieri) il fondo di un bicchiere che il fondo di un discorso.

Per questi motivi – cioè, la generica povertà culinaria e il pervicace marchio di popolo perennemente sbronzo – mi scaldo sempre quando la mia compagna (o chiunque altro, ma soprattutto lei visto che trae un subdolo godimento nel farlo) avanza dubbi circa la paternità del tiramisù. Tiramisù che appartiene indubbiamente al Veneto, ma che lei insiste nell’accasare in Friuli-Venezia Giulia, commettendo un falso storico deleterio non solo per il (mica tanto buon nome del) Veneto, ma anche per la nostra relazione.

Il tiramisù, piatto celebre in tutto il mondo (ho scoperto che tiramisù è la quinta parola italiana più conosciuta in Europa ed è presente in 23 lingue diverse), nasce a Treviso poco dopo la metà del secolo scorso. Piatto povero della tradizione contadina – per colazione i bambini inzuppavano i savoiardi in una pappetta di tuorlo d’uovo e zucchero e li accompagnavano al caffelatte -, il nome deriva dalle straordinarie capacità ricreative e nutrizionali di un dolce che chiunque abbia provato almeno una volta nella vita sa essere celestiale.

Questa la ricetta (per circa otto persone) del tiramisù classico: 6 uova, 100 grammi di zucchero, 500 grammi di mascarpone, un pacchetto di Savoiardi (circa 300 grammi), caffè, cacao in polvere quanto basta. Possono essere aggiunte – cosa poco ortodossa, ma dannatamente soddisfacente al palato – delle scaglie di cioccolato fondente sulla superficie del tiramisù, sopra la spolverata di cacao. Una volta preparato il dolce, l’ideale è lasciarlo riposare in frigo per un paio d’ore.

Ecco, questo è il tiramisù e la sua breve storia. Raccontata da un veneto, quindi con tutti i crismi. E il Friuli deve mettersi l’animo in pace, per due motivi. Primo, perché la diatriba circa la paternità del tiramisù non troverà mai soluzione (tanto è Veneto, quindi i “cugini” hanno poco da rivendicare). Secondo, perché in fondo chi se ne frega? L’importante è mangiare un buon tiramisù.

Ma anche non darla vinta ai friulani e alla mia compagna.

Cultura
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sabato 27 Luglio 2024