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“A riveder le stelle”. Recensione della Prima della Scala 2020

Lo skyline di Milano, vagoni ferroviari fin de siècle, impressionismo e ombre cinesi, Cinecittà e dolce vita, scrivanie presidenziali e scenari di guerra, calzamaglie e luci laser. Queste solo alcune delle impressioni visive di uno spettacolo caleidoscopico: la Prima della Scala 2020.

L’evento non è stato trasmesso live, ma registrato. Questo ha permesso di moltiplicare le scenografie, ampliare il cast musicale (coinvolgendo ben 21 solisti!), inserire sezioni recitate. Nell’impossibilità di una Prima normale, va applaudita la scelta di allestire uno spettacolo sontuoso, anziché un semplice contentino di ripiego per habitués.

“A riveder le stelle”: il titolo dello spettacolo riprende il verso dantesco che chiude l’Inferno. L’inferno CoVid non viene portato sul palco, ma è comunque ben segnalato dalla sala vuota del Piermarini e dalla mascherina indossata dal direttore d’orchestra. Scelta giusta, quella di non fare troppa retorica ad emergenza sanitaria ancora in corso. Tuttavia, un’intenzione consolatoria interviene comunque nel Finale: prima ricordando il concerto del 1946, che echeggiò, mediante amplificatori, per le strade di Milano; poi con le note sublimi del coro Tutto cangia, il ciel s’abbella, imperdibile omaggio di Rossini alla natura e alla libertà.

Lo spettacolo è risultato più convincente là dove sono state create arcate sceniche lunghe, di almeno venti minuti, proponendo in sequenza due o tre arie dalla stessa opera. In altri momenti dello spettacolo, soprattutto verso la fine, si è invece scivolati verso il galà, con una serie di brani di opere diverse snocciolati troppo rapidamente – scelta di cui ha pagato il fio anche la regia, peraltro buona, di Davide Livermore.

Al centro dello spettacolo le musiche di Verdi e Puccini, i due fuochi intorno a cui Riccardo Chailly sta facendo ruotare, con ottimi risultati, il repertorio scaligero. Tra i cantanti, una menzione speciale merita il soprano Lisette Oropesa: inizialmente scritturata per cantare il ruolo eponimo in Lucia di Lammermoor, ha dovuto accontentarsi di un’aria sola. Le è bastata comunque per colpire ed emozionare. Per quanto riguarda la danza, l’esibizione di Roberto Bolle è stata particolarmente innovativa, con i giochi ottici prodotti dall’incontro del corpo del ballerino con le luci laser, studiate dai video designer di D-WOK.

Gli intermezzi recitati sono stati una novità. Si sono alternate riflessioni e letture. Tra le prime segnaliamo quella di Michela Murgia sulla valenza sociale dell’opera: «C’è un filo d’oro che attraversa i libretti d’opera come un ricamo segreto: è l’eterna richiesta di giustizia di chi non ha voce». Tra le letture sono stati proposti brani di Racine, Hugo, Verdi, Gramsci, Pavese, Montale, Sting, ma anche di Ezio Bosso e di Rudolf Nureyev, in memoriam. Un omaggio musicale è stato inoltre reso al grande soprano Mirella Freni, scomparso quest’anno.

Nell’attesa che il mondo della cultura si riaccenda e riparta di nuovo dal vivo, la Prima della Scala 2020 ha dato un po’ di tepore e ristoro in queste giornate piovose.

 

La Prima della Scala 2020 è disponibile su Rai Play. Sul sito della Scala è disponibile il Programma di sala con tutti i testi proposti, sia recitati sia cantati.

Cultura
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