Catcalling: perché parlarne?
Nell’ultimo periodo, complice l’intervento di alcune celebrità, si è fatto un gran parlare di catcalling. È bene che finalmente si discuta con occhio critico di uno spiacevole aspetto che riguarda la realtà della maggior parte delle donne. Infatti, l’indagine condotta dal gruppo statunitense anti-molestie “Hollaback!” (in collaborazione con la Cornell University) ha rivelato che in media l’84% delle donne intervistate (che sono state complessivamente 16.600) ha subito molestie da strada prima dei 17 anni. Nel caso dell’Italia, è emersa la più alta percentuale di donne che hanno scelto di cambiare strada per tornare a casa dopo aver subito episodi di catcalling.
La traduzione letterale stessa del termine inglese è significativa: “chiamare il gatto”. La donna viene considerata esclusivamente in funzione dello sguardo maschile che, interessato a ciò che vede, si arroga il diritto di chiamarla, di fischiare, di urlare commenti volgari e inappropriati, senza considerare minimamente le conseguenze che questo atteggiamento può avere sulla vittima delle molestie.
A questo proposito, c’è chi tiene a sottolineare che si tratti, per l’appunto, di molestia e non di violenza. Ma qual è il vero confine (in termini psicologici ed emotivi, più che giuridici) tra molestia e violenza? Se per “violenza” intendiamo un’ingerenza nella sfera altrui senza consenso, allora la molestia non è forse una forma di violenza? Chi ha stabilito che la violenza verbale rechi meno danni, soprattutto a lungo termine, di quella fisica?
Sfruttare un rapporto di potere (tipico di una società maschilista come quella odierna) ai danni di chi si trova dall’altra parte – ovvero donne intimorite per il solo fatto di essere donne – è un comportamento sbagliato, da condannare a prescindere. Infatti, è importante che non si arrivi a normalizzare o addirittura a banalizzare la violenza, perché non può essere normale avere paura di camminare per strada, così come non si può considerare normale evitare di indossare certi capi di abbigliamento per timore di essere fissate, abbordate, fischiate. Come dice uno slogan inglese, non si dovrebbero proteggere le figlie, ma educare i figli.
Per non sottovalutare il fenomeno del catcalling, è bene tenere a mente che la molestia verbale non è altro che la parte più profonda di quell’iceberg chiamato “violenza di genere”. Come tutte le altre forme di violenza di genere, il catcalling non ha a che fare con l’attrazione o il desiderio, ma è da ricondurre al rapporto di potere asimmetrico che caratterizza la nostra società. È quindi da un corpo oggettivato che parte la violenza: stupro e femminicidio non sono che conseguenze inevitabili di una mentalità che sostiene (o che comunque tollera e giustifica) comportamenti come il catcalling, il victim blaming, lo stalking e, purtroppo, così via.
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sabato 7 Dicembre 2024