Una chiacchierata con il monaco buddista Van Seiun
Il monaco buddista Ven Seiun è abate del piccolo tempio Tenryuzanji nel Tesino e opera sia in Trentino che in Veneto. Con grande curiosità lo abbiamo incontrato: ne è uscita quest’intervista che oggi vi proponiamo.
Cosa significa essere un monaco buddista?
Significa portare avanti gli insegnamenti del Buddha, che risalgono a 2500 anni fa, nella vita quotidiana: si tratta di una filosofia di liberazione che si compone di logica, etica, morale, precetti che servono ad aiutare nella vita quotidiana e a non sbagliare strada. Essere monaco oggi significa anche saper dire di no quando necessario e quando questo “no” è figlio di un netto ragionamento, di un’osservazione attenta dei fenomeni attorno a noi. Sicuramente significa coltivare la propria mente, tutelarla e aiutare chi desidera fare la stessa cosa.
Quando hai intrapreso questa via?
Ho iniziato quando ero molto giovane, a circa 15/16 anni: non conoscevo questa filosofia ma sentivo una spinta verso la vita religiosa. Ho iniziato con la lettura di alcuni libri e a 18/19 anni ho fatto la mia prima esperienza in un centro buddista, decidendo poi di aderire a questo insegnamento: esso era perfettamente allineato con le mie formazioni mentali. Sono sempre stato affascinato dalla logica e nel buddismo ho trovato una linea di loici che mi ha “sedotto”.
Ci racconti la tua giornata tipo?
In realtà ogni giornata è diversa, con alcuni punti fermi: la sveglia è alle 5:30 e dalle 6 alle 7:30 c’è la pratica della mattina – composta dalla meditazione e dalla preghiera (Sutra e Mantra) – e alle 18:00 quella della sera, uguale alla prima. Il resto della giornata lo riempio con ciò che c’è da fare, anche con questioni “mondane” (spesa, faccende burocratiche…), oppure incontro le persone, ascoltando e aiutando, interiormente, chi ha necessità. Insegno poi arti marziali: faccio lezioni a gruppi di giovani. Il nostro tempio prevede, infatti, l’arte marziale come ulteriore strumento di formazione dell’individuo.
Cosa desideri trasmettere?
Credo nella possibilità di ogni essere umano di salvare sè stesso: ogni persona è in grado di rafforzare e coltivare la propria mente, liberandosi soprattutto dagli inganni del mondo convenzionale. Cerco di trasmettere questo soprattutto alle giovani generazioni che sono sempre più appiattite, vincolate, illuse, dipendenti da ciò che la mondanità offre attraverso un luccichio. Rimangono abbagliati: noto incapacità di ragionare con la propria testa, di dire no e di andare contro a stupidaggini trasmesse anche da falsi maestri o autorità. Mi impegno, insomma, a far capire loro come si può vivere ragionando autonomamente.
Ci spieghi il percorso per diventare monaci?
Bisogna capire che è questo il percorso che si vuole intraprendere, trovare un tempio, trovare un maestro che accetti il candidato come suo discepolo e da lì si inizia un percorso di studi per la formazione monastica, prima da novizio e poi da monaco.
Come vive un monaco buddista?
Il monaco buddista vive con semplicità e serenità. Cerca di abbandonare la via del possesso, dell’accumulare senza senso e cerca di vivere onestamente secondo gli insegnamenti del Buddha. La società di oggi è mentalmente spenta e triste, ma vedo anche dei germogli qua e là: c’è quindi ancora speranza che la società si possa risvegliare. Spetta a chi vede già le cose come sono aiutare gli altri che ancora non riescono. Non basta riempirsi la bocca di belle e sagge parole, bisogna saper incarnare gli insegnamenti altrimenti siamo solo dei pappagalli spenti. E’ necessario elaborare i ragionamenti.
C’è un consiglio, generale, che vorresti dare?
Concludo con un consiglio che arriva direttamente dal Buddha: non prendete mai una decisione in maniera arbitraria ma approfondite sempre, investigate. Il buddismo è investigazione continua. Non prendete mai nulla a scatola chiusa.
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sabato 8 Febbraio 2025