Quando finisce l’amore?

Lo scrittore Frédéric Beigbeder lo ha scritto anni fa nel suo romanzo: “L’amore dura tre anni”. In effetti alcuni studi scientifici gli darebbero ragione: all’inizio di una relazione non si vedono i difetti del partner, grazie all’alta presenza di dopamina.

Questa sostanza chimica è responsabile dell’innamoramento, poiché la sua presenza comporta una diminuzione dell’attività nella corteccia prefrontale correlata al ragionamento. Ecco perché durante l’infatuazione vengono cancellati gli aspetti negativi della persona che stiamo frequentando e notiamo solamente le sue qualità. Dopo tre anni il cervello si abitua alla persona che abbiamo davanti e ci si inizia ad innamorare veramente. Le coppie che crollano, lo fanno perché, appunto, non erano realmente innamorate, bensì erano vittime della dopamina.

L’amore per i Greci era una malattia. Come non ricordare i versi di Saffo che invoca la morte per un amore non corrisposto? L’amore ottunde la ragione. Diviene sentimento abnorme, violento e distruttivo, nella tragedia greca: si pensi a figure come Fedra o Medea o Clitennestra. Nella vasta epitome medica intitolata Al-Qanun fi’t-Tibb (Canone) di Avicenna si trova la più completa disquisizione in lingua araba sulla malattia d’amore chiamata ishq.

La parola deriva dalla radice verbale Asaq (“attaccare, attaccarsi a”) connessa al nome Asaqah che denota una specie di edera che si attorciglia agli alberi. Nella sua interpretazione classica più comune ishq si riferisce al desiderio irresistibile di ottenere il possesso dell’amato, esprimendo una mancanza che l’amante deve porre rimedio al fine di raggiungere la perfezione. Avicenna definisce l’amore come un pensiero assiduo di natura malinconica che nasce a causa del continuo pensare alla bellezza, alle fattezze, ai gesti o ai costumi di una data persona.

Per qualche motivo, l’Occidente invece vive immerso nel mito romantico dell’amore, dall’ideale del principe azzurro al per sempre insieme felici e contenti, passando dalla famiglia perfetta del Mulino Bianco. E non bastano i film come “L’amore è eterno finché dura” o i terribili casi di cronaca a scardinare queste certezze. Ci vengono a tal punto inculcate, fin da piccoli, che quando ci si trova davanti ad una relazione che non funziona, non si è capaci di chiuderla. Ci si aggrappa con tutte le forze a quell’ideale d’amore infinito che, però, non ha nulla di reale e umano.

Le persone infatti si sposano per amore, per poi accorgersi di non amare più. Si divorzia e si rimane soli, perché l’unico amore che vorremmo è proprio quello che abbiamo perso. Si ama chi ci rovina la vita, non si ama chi per noi farebbe l’impossibile. Sprofondiamo nella solitudine, pur conducendo una vita di coppia e non conosciamo la persona con cui dormiamo insieme ogni sera.

Si ama qualcuno troppo lontano, troppo diverso, con troppi problemi e si scopre così che l’amore non basta. E che l’amore non è mai solo amore, ma è insieme anche rispetto, fiducia, complicità, stima, libertà. L’amore ha certamente una componente tragica e dolorosa molto importante. Mi viene sempre in mente a tal proposito il tatuaggio di una delle protagoniste della serie tv “Orange is the news black”: “Love is pain”.

Allora forse è vero che, per citare le parole di Beigbeder, “per essere felici bisogna essere stati molto infelici”. O forse no. Forse non ce n’è bisogno per chi trova qualcuno in grado di capirti nel profondo e per questo in grado di non provocare grandi sofferenze, ma anzi alleviarle.

La scienza divide l’amore in tre fasi: infatuazione/ innamoramento, amore romantico e amore maturo. Inutile dire che chi attraversa tutte le fasi indenne avrà probabilmente il suo “e vivranno felici e contenti”.

La fine di un amore tuttavia non è certo un fulmine a ciel sereno e non avviene all’improvviso. È sempre anticipato da segni prodromici chiari e lapidari, spesso ignorati o non riconosciuti. Una sgradevole sensazione di distanza emotiva, litigiosità o silenzi parlanti e punitivi, disagi sul piano personale e di coppia. Appaiono le disfunzioni sessuali e il calo del desiderio.

Un amore finisce per un tradimento, o quando la rabbia prevale sulla capacità di riparazione, quando si è soffocati dal proprio partner, non assecondati sui propri obiettivi, quando la distruzione prevale sulla cura, l’astio sulla dolcezza e la noia sul gioco.

Lasciamoci con una domanda che guarda al futuro, così come si dovrebbe fare, dopo la fine di una relazione: l’amore può essere anche una sorpresa?

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sabato 27 Luglio 2024