Parole, cultura, attenzione ai dettagli, educazione alla sensibilità: per la parità di genere si parte da qui

Quanto deve essere appagante per un uomo avere una donna che gli chiede il permesso per uscire? Sì, anche per quelli che già sospirano leggendo questa frase, pensando “beh non siamo nel Medioevo”. Eppure, essere l’unica persona che accudisce i figli, pulisce la casa e lava i piatti, non è forse una delle tante forme di patriarcato? Quelle che legittimiamo e che quindi non è possibile mettere in discussione, se non correndo il rischio di essere femministe, pesanti e persino miopi, perché alcuni giurerebbero “a lei va benissimo così”.

Può davvero essere una decisione della donna non uscire con le amiche, non prendersi un aperitivo fuori casa, votarsi in esclusiva alle faccende domestiche?

Il 2023 è stato un anno segnato dai femminicidi, 103 in tutta Italia, ma se non è questo il luogo dove contare le morti, è questo certamente il momento per provare ad avere un futuro diverso. Si potrebbe iniziare, domandandosi cosa hanno in comune un fidanzato che uccide la sua compagna, un padre padrone che mortifica moglie e figlie, pur non torcendo un capello a nessuno, un ragazzino che ai suoi amici racconta di quella “p*** di professoressa” che gli ha dato un brutto voto in classe e un buon uomo qualsiasi che dice a suo nipote di non “piangere come una femminuccia”. Fino ad arrivare all’amica che soddisfatta esclama: “Brava! Hai due palle così!”.

Nel 2024 bisogna partire dalle parole, dalla cultura, dall’attenzione ai dettagli e dall’educazione alla sensibilità di tutti, donne e uomini, a cominciare dai bambini.

I giovani della generazione Zeta e Alfa forse non percepiscono la situazione odierna, oppure non hanno gli strumenti per misurarla e affrontarla. Pare che, in alcuni casi, ne sottovalutano le criticità ancora persistenti, in termini di parità dei sessi. Si tende, infatti, a sottolineare i progressi, per mettere a tacere qualsiasi dubbio e qualsiasi coscienza, strategia attuata anche a livello mediatico e politico.

A tal proposito ricordiamo anche la vicenda della separazione della coppia Francesco Totti – Ilary Blasi che ha visto scatenarsi le testate, additando nella maggior parte dei casi lui come il “campione” e lei come la “letterina”: esaltazione dell’uomo, disprezzo della donna.

Ripercorrendo alcune tappe che hanno segnato la conquista dei diritti per le donne, ci si rende conto che sono tutte recenti. Nel 1981 c’è stata la fine del matrimonio riparatore. Nel 1996 è entrata in vigore la legge che identifica lo stupro come reato contro una persona, invece che contro la moralità pubblica e il buon costume.

L’articolo 28 del Codice delle pari opportunità tra uomo e donna (D.lgs. 11 aprile 2006, n. 198) vieta qualsiasi discriminazione, concernente un qualunque aspetto o condizione delle retribuzioni, per quanto riguarda uno stesso lavoro.

È solamente del 2022 la legge che ha dichiarato discriminatoria e lesiva della identità dei figli, la regola che attribuisce automaticamente il cognome del padre al nascituro. Ma fino all’anno scorso mettere il cognome della madre al figlio o alla figlia era illegale.

Se si parla di aborto, la legge è di poco più di cinquant’anni fa, ma se ne discute ancora oggi, causando polemiche accese e problemi concreti.

La maternità non è sempre così “cool”, come è stata recentemente definita. E non la si può spacciare per tale, in nessuna occasione. Oggi la maternità è un handicap. Dovrebbe infatti essere accompagnata da posti di lavoro, aiuti statali e servizi che semplicemente non esistono. Per non pensare poi alla questione sociale: si dà per scontato che la donna debba rinunciare alle sue aspirazioni, quando diventa madre, oppure quando un papà sta con i suoi figli è un bravo papà, ma se una madre sacrifica tutta la sua vita per un figlio è semplicemente una madre. E quante volte fare il bucato, fare una lavatrice, pulire qualcosa, o portare fuori il cane è “aiutare” la mamma? Avere un figlio, per un uomo, nella società di oggi, è tutto diverso. Ed è sbagliato che non sia così anche per le donne.

Da dove nascono quindi gli stupri, gli abusi e la violenza di genere? Prima dell’orrore del fatto compiuto, ci sono la cultura e l’educazione, di cui è permeata la società, con tutti gli esempi addotti fino ad ora che non sono i segnali diretti di una violenza, certamente no.

Sono, però, i sintomi di una cultura della violenza, di un permesso a trattare la donna diversamente, con pretese e diritti non scritti che consentono all’Italia di mantenere il vanto di un Paese avanzato, quando invece la realtà, per chi ci vive, è quella di una società malata, incapace per ora di guarire.

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sabato 27 Luglio 2024