Giovani e lavoro: Silvia Depetris e i mille architetti
Una cascata di riccioli neri inquadrano il volto espressivo di Silvia Depetris, classe 1990, proveniente da Ossana, uno degli ultimi comuni della Val di Sole. Frequentare Architettura a Venezia le è costato non pochi sacrifici.
Alla fine, però, le tue fatiche sono state ripagate e ora pratichi la professione di architetto.
Sì, da quasi quattro anni mi occupo prevalentemente di interior design e design del prodotto presso lo studio LabLounge di Cles. Mi piace soprattutto il fatto che sia un lavoro variegato: prevede sia la progettazione delle spazialità interne, che degli arredi, con il disegno e la creazione di pezzi unici. In più ci sono tutta una serie di mansioni che fungono da corollario alla composizione: dalla scelta di prodotti e finiture (pavimenti, rivestimenti, sedie, corpi illuminanti, tende, ecc.), ai rapporti con fornitori, artigiani e committenti, fino al cantiere e alla consegna chiavi in mano, sempre più richiesta.
Hai sempre saputo che questa sarebbe stata la tua strada?
Assolutamente no, tutt’altro! Appena laureata ho fatto le esperienze più disparate, sempre per brevi periodi di tempo. Le prime proprio in studi di architettura, nei quali ricoprivo più un ruolo di disegnatrice che non di architetto: non avevo alcuna voce in capitolo e mi ero autoconvinta che non facesse per me, tanto che per un paio d’estati ho lavorato come guida turistica al castello di Ossana. Contemporaneamente collaboravo con un altro studio ad un progetto paesaggistico per la mia valle che consisteva nella creazione di un prontuario tipologico per l’arredo urbano dei Comuni.
In seguito mi sono iscritta ad un master sulla valorizzazione del Patrimonio Dolomitico, all’interno del quale ho svolto un tirocinio all’Ufficio Parchi della Provincia di Bolzano e infine ho lavorato come tecnico di cantiere per un’azienda che si occupa di lavori socialmente utili: seguivo la parte logistica, cantieristica, operativa ed economica delle squadre edili. Terminato il contratto, sono andata a Berlino per migliorare il mio tedesco e quando sono tornata, grazie al passa parola, sono arrivata a LabLounge. Qui, dopo un periodo di formazione, ho scoperto di essere portata per la progettazione d’interni e ho avuto la fortuna di trovarmi subito sulla stessa lunghezza d’onda del Responsabile Creativo, al punto che ora si fida ciecamente del mio giudizio e sono diventata totalmente autonoma e responsabile del mio lavoro. Ovviamente in ufficio ci sono sempre dei momenti di confronto indispensabili per lo sviluppo e la continua crescita dei progetti.
Cosa consiglieresti a un giovane architetto neolaureato che si affaccia al mondo del lavoro?
L’unica cosa che mi sentirei di consigliare è di non partire con un’idea prestabilita di cosa voglia dire lavorare da architetto, perché non esiste un unico modo di esserlo ma mille diversi. Da questo punto di vista la facoltà stessa di architettura permette di spaziare su più campi: non approfondisce un singolo argomento ma fornisce un’infarinatura su molti ambiti (storia dell’architettura, disegno, progettazione architettonica, paesaggistica, urbanistica, energetica, ecc.). Consiglio, quindi, di provare più percorsi possibili, in modo da capire quale sia lo sbocco più congeniale, quello che porti a sentirsi davvero realizzati.
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domenica 8 Dicembre 2024