E tu come stai?
E tu come stai?
L’importante è la salute.
Sì, ma quale?
In questo momento così difficile a livello mondiale, vale la pena fermarsi a fare una profonda riflessione riguardo a cosa intendiamo con il termine salute. Ben lontani dalla pretesa di essere esaustivi, in poche righe proponiamo però degli spunti.
Iniziamo dagli anziani. Sono la fascia di popolazione più a rischio e forse per questo sono le persone che più sono state lasciate sole, di nuovo, non solo dalle istituzioni questa volta, ma anche dai propri cari, da chi col cuore avrebbe voluto stare loro vicino, ma con la testa sa quanto il contatto sia pericoloso di questi tempi. E ci si allontana.
Gli adolescenti. Loro non chiedono aiuto, ma portano sulle loro piccole spalle dei macigni e quando vengono schiacciati da questi, oramai è troppo tardi. I genitori si illudono che le tecnologie possano bastare per accorciare le distanze, eppure questo periodo ne è la prova: non è così.
I bambini. Come cresceranno i più piccolini che vedono le loro maestre fatte solo di occhi e mascherina? Senza naso e senza bocca, ma come si fa, a conoscere così qualcuno? A fidarsi? A giocarci, senza nemmeno sapere se è tutta la sua faccia che ride o sono solo gli occhi a fare una smorfia.
I lavoratori. Loro sono la categoria di persone più colpite. Non avere un lavoro, o rimanere chiusi con la propria attività, è un dramma sotto ogni punto di vista. Chi non lavora, non solo non riesce a vivere, a pagare le bollette e l’affitto, ma il punto è che non riesce nemmeno a dormire, o a sognare.
E a noi, che non crediamo nella seconda occasione migliore della prima, a noi poveracci dello spirito che è stata data solamente una vita, cosa ci rimane, se non la possibilità di sognare? Io non sono mai stata una viaggiatrice di serie A. Il lago a Baselga di Pinè è spesso la migliore delle mie mete, ma poterlo raggiungere, quando ne sento l’esigenza, è il mio viaggio. Togliere alle persone l’abitudine di pensarsi più grandi di ciò che si è, di pensarsi più lontani, più coraggiosi, o semplicemente diversi, dare alla gente sempre la stessa risposta “NO” fa morire. E questa epidemia non è meno grave perché non si vede.
Negli ultimi tempi pare che tutto si riduca ad un’unica dimensione: la disperazione. Non deve essere così. “Tell me baby, what’s your story?” Le risposte sono sempre uguali, con un comune denominatore, come se omettere il Covid fosse una grave forma di disobbedienza civile. Posto che nessuno minimizza la grave situazione mondiale, qui si ribadisce l’importanza di non abituarsi a qualcosa che non ci appartiene.
Si chiamano talvolta focolai, quando sono circoscritti. Rendono bene l’idea dell’incendio, quello che divampa a più riprese e ovunque da un anno a questa parte e dal quale ognuno pensa a salvarsi e a correre più veloce che può per scappare. E non si guarda cosa (o chi) stiamo lasciando indietro. In questa corsa sfrenata alle chiusure, ai tamponi, ai vaccini, alle protezioni, all’isolamento, ci siamo forse chiesti su quali basi stiamo costruendo il nostro futuro?
Basandoci sulla scienza, stiamo cercando di dare a tutti la possibilità di sopravvivere. Basandoci sull’economia, stiamo tornando alla legge della giungla, dove o mangi o sei mangiato. E la salute, dove sta?
Approfondimenti
Twitter:
martedì 21 Gennaio 2025