L’affanno
Addossata a un pilastro della Basilica, Giulia cercava conforto dal peso che le opprimeva i bronchi.
No, non era solo quel maledetto virus che si trascinava dietro da più di venti giorni: la vera malattia era quel pensiero che cercava di costringere dentro di sé, avvertendone l’ingombrante presenza proprio all’altezza del cuore. La soffocava, e più lei si intestardiva a evitarlo, più quello si ripresentava a reclamare il suo spazio.
Continuava a starsene seduto sul suo petto, come un sultano pingue e crudele, nutrendosi delle sue paure: le piluccava come fossero acini d’uva, mentre tracannava calici colmi di domande irrisolte. Ma non voleva considerarlo quel signorotto prepotente, e ignorare le sferzate che le infliggeva per farsi notare sembrava la migliore strategia difensiva.
Forse l’avrebbe spazzato via con un colpo di tosse, cercava di rassicurarsi; o magari sarebbe rimasto lì per sempre, annidato nei più reconditi alveoli dei suoi bronchi, e allora avrebbe percepito quell’affanno, quella costrizione, a vita.
Si portò istintivamente la mano sul cuore ed affondò i polpastrelli tra le costole, quasi a volersi strappare il respiro.
Le sembrò allora che le sue dita cominciassero a muoversi autonomamente, e all’improvviso le vide scomparire dentro il suo sterno: rovistavano nei polmoni, alla ricerca spasmodica di quell’affanno impronunciabile. E come la mano di un ladro a caccia dei preziosi vìola ogni possibile nascondiglio senza curarsi di distruggere l’ordine faticosamente costruito, così quegli artigli rapaci sparpagliavano tutti i suoi pensieri alla luce del sole, senza che potesse o volesse difendersi.
Eccole dunque al suolo, le sue miserie: guardandole così, fuori da sé, le sembravano piccola cosa; eppure, tutta la sua esistenza era lì, in quel mucchietto di pensieri di poco valore.
Ma ne mancava uno, troppo fiero per permetterle di esporlo senza le giuste cerimonie.
O forse, Giulia, quel pensiero lì non voleva proprio trovarlo, né strapparlo a sé, perché quel fiato corto, nel darle la sensazione di morire, la rendeva viva.
Una scrittura scorrevole seppur ricercata.
Complimenti. In modo vero e anche surreale hai rappresentato chiaramente come ci si sente