I mutamenti fonetici: Paraetimologia e Interdizione
Tutte le lingue hanno subito modificazioni nel corso del tempo e le cause sono davvero molteplici. Tra queste, l’uso attivo della lingua ad opera dei parlanti ha portato talvolta a mutamenti fonetici del lessico, dei quali due esempi sono la paraetimologia e l’interdizione linguistica.
La paraetimologia o etimologia popolare è la modificazione fonica di un certo significante* (significante 1) per effetto di un altro significante (significante 2) al quale il parlante associa, il significato del primo (significante 1).
In genere i termini coinvolti in questo mutamento derivano da settori specialistici o da altre lingue, non sono quindi di uso comune per il parlante medio che li percepisce come non familiari e li ricollega a termini più vicini alle proprie conoscenze.
L’italiano “vedètta” è un buon esempio: con i suoi significati “luogo dal quale si sorveglia” o di “persona che sorveglia”, lascerebbe pensare ad un legame etimologico con il verbo “vedere”. In realtà, il significante e il significato originali derivano da “veletta”, antico nome della vela più piccola dell’albero maestro. In cima all’albero, vicino alla veletta, stava il marinaio addetto alla sorveglianza e nel gergo marinaresco, un linguaggio che si può considerare specialistico, si usava l’espressione “stare alla/di veletta”.
Tuttavia ai non addetti ai lavori, a chi non era un marinaio e non conosceva le parti delle imbarcazioni, l’espressione suonava incomprensibile! Perciò i parlanti della terraferma hanno iniziato a correggere fonicamente ed inconsapevolmente il termine veletta associandolo verbo vedere (mutando, sostanzialmente, la “L” con la “D”), coniando con il tempo il nuovo termine più semplice ma con lo stesso significato di quello per loro più arduo.
L’interdizione o tabù linguistico invece è un mutamento voluto e consapevole: alcuni significanti sono alterati consapevolmente dai parlanti, perché a causa dei più vari motivi, chi utilizza la lingua sente il bisogno di “censurarli”. Detta anche Tabù linguistico, nasce da una antica credenza popolare, ossia del potere evocatore della parola, quindi del suo significante. Se nominare una qual cosa corrisponde ad evocare la stessa, è bene non nominarla affatto. Se è difficile non nominarla, si modifica lievemente la parola, il significante, con un’altra il cui significato ricordi indirettamente l’oggetto del tabù: è una sorta di raggiro linguistico!
Un caso estremo è la completa sostituzione del significante con un altro come nel caso dell’inglese “Bear” che deriva dal germanico “Bär”. Bär significava “il grigio” e non “orso”. Il termine che definiva il forte ed irrequieto mammifero è stato sostituito arbitrariamente con un altro per evitare il potere del nome originale.
Anche oggigiorno però sono in atto dei tabù linguistici, dettati da quella che si chiama buona educazione, su termini più o meno scurrili o considerati come aggressivi che rendiamo con esiti differenti: “acciderbolina”, “accipicchia” nascono ad esempio dal più duro “accidenti”.
* Il significante è l’insieme degli elementi fonetici e grafici che vengono associati ad un significato: la forma che rinvia a un contenuto.
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mercoledì 9 Ottobre 2024