La Serie A non è il campionato che meritiamo
Negli ultimi giorni ho visto diverse partite di calcio: da Torino-Inter e Lazio-Venezia del campionato italiano a Manchester United-Atletico Madrid e Juventus-Villareal di Champions League. Mi si è aperto un mondo. Non me ne vogliano le squadre che militano nei campionati minori, ma passare dalla Serie A alla Champions League è stato come assistere a una partita di Eccellenza e subito dopo a una di Serie A. Stesso salto qualitativo, stesse enormi differenze. Differenze che, tra l’altro, sono il motivo a causa del quale da ormai più di un decennio le squadre italiane fanno (nove volte su dieci) figure deplorevoli quando non imbarazzanti nelle competizioni europee. Ma di che differenze stiamo parlando? Di due tipi di differenze, che poi sono in realtà l’una conseguenza dell’altra e viceversa.
I calciatori che militano nelle squadre estere, specie in quelle inglesi, hanno una preparazione atletica migliore dei calciatori di Serie A. Lo si nota dall’intensità con cui certe partite vengono giocate in Champions, intensità alla quale le squadre italiane non sono abituate e a cui non riescono ad adeguarsi per più di un tempo. Ricordo come uno dei momenti più folgoranti della mia ormai discreta carriera come spettatore calcistico il primo tempo di Liverpool-Roma, andata della semifinale di Champions del 2018 (partita poi terminata 5 a 2 per i Reds). Ricordo un’intensità, una velocità di pensiero e di esecuzione, una mole di gioco creato dai padroni di casa che il risultato al termine della prima frazione (2 a 0) era sembrato fin troppo stretto.
L’altra grossa differenza tra il campionato italiano e i vari campionati esteri – anche in questo caso si segnala quello inglese, ma il discorso vale un po’ dappertutto – riguarda l’arbitraggio. Prendiamo Torino-Inter. Sorvolando sulla pietra dello scandalo (il rigore solare negato al Torino), quante volte l’arbitro Guida ha fischiato falli leggeri e veniali, nulla più che normali contrasti, spezzettando così il gioco e nuocendo allo spettacolo e a trame e schemi delle due squadre? Sono pronto a mettere la mano sul fuoco e ad affermare che in Champions League il 70% di quei falli non sarebbe stato fischiato. Del resto, gli stessi arbitri italiani, quando arbitrano partite in campo europeo, si adeguano ad altri (e alti) standard: fischiano meno, lasciano più spesso correre e il gioco ne giova.
Ecco, questo spiega il perché le squadre italiane vengano prese a pallonate in Europa. Semplicemente perché non sono abituate a giocare nel “modo europeo”. Se durante un partita di Serie A il gioco viene continuamente interrotto a causa dei fischi arbitrali, ai calciatori mancherà necessariamente intensità, velocità, resistenza: il loro fisico si è abituato a giocare per pochissimi minuti alla volta. Non è questione di allenatori più bravi o calciatori più portati. Negli altri campionati corrono di più perché gli arbitri fischiano di meno, perché manca la “cultura del falletto” italiana. Ci si potrebbe addentrare nel discorso che riguarda la sportività, ma credo che nemmeno questo spiegherebbe del tutto la “cultura del falletto”. Se arbitri e calciatori dei campionati italiani non cambieranno il loro modo di arbitrare e di giocare, i risultati in Europa continueranno a mancare. Una semifinale di Champions League e un paio di quarti di finale negli ultimi cinque anni sono troppo poco per un campionato (che dovrebbe essere) di primo piano come la Serie A.
Sport
Twitter:
sabato 7 Dicembre 2024