La caduta degli dei

Il crollo ciclistico di Tadej Pogačar lo eleva a beniamino del pubblico, che ora lo ama ancora di più.

 

I’m gone. I’m dead. Con questa deflagrante dichiarazione di resa avvenuta nel corso della 17esima tappa, Tadej Pogačar ha detto addio al sogno di vincere il Tour de France 2023. E si è riscoperto umano con una violenza che definirei icastica. Ma cadere giù dall’Olimpo (dal quale, beninteso, non è caduto, nonostante la percezione odierna) lo ha fatto entrare maggiormente nel cuore dei tifosi, che già lo amavano e che ora lo amano ancora di più. Non c’è niente che permetta di empatizzare di più con i propri beniamini quanto la fragilità che questi dimostrano, e l’anima che sanno raccontare attraverso gli occhi. Oggi Pogačar si è scoperto fragile, ha raccontato un’anima ferita attraverso gli occhi spenti. E ha perso il Tour, ma ha vinto i tifosi.

Certo, è folle parlare di caduta degli dèi (o del dio) quando hai a che fare con un ciclista in grado di vincere tutto, da gennaio a ottobre: il Tour è andato, ma Pogačar lascerà ancora il segno da qui alla fine della stagione. Questo è certo. Però il colpo che il rivale Jonas Vingegaard gli ha inferto sia nella cronometro di Combloux sia nella successiva tappa di montagna (la 17esima, appunto) è di quelli che costringono a una messa in discussione. Di se stessi, della squadra, della preparazione atletica, della tenuta emotiva e via dicendo.

Come detto, però, persa l’importante partita del Tour de France, Pogačar può comunque ritenersi soddisfatto. In un ciclismo dominato da alieni e da macchine (categorie alle quali in realtà continua comunque ad appartenere), il ciclista sloveno si è riscoperto umanissimo. Ed è questo che ha conquistato gli appassionati delle due ruote. Più fondo è il baratro nel quale finisci, più mani troverai a spingerti, più braccia a sorreggerti. Il ciclismo funziona e ha sempre funzionato così. È per questo che il pubblico ha amato Vincenzo Nibali quando affrontava da solo la corazzata Sky di Wiggins e di Froome o ha esultato (e ancora esulta) alle vittorie di Primož Roglič, contro il quale la sfortuna si è spesso e volentieri brutalmente accanita. Allo stesso modo oggi ama Tadej Pogačar. Si tratta di un ciclismo normale. Alla mano, trasparente. Fin troppo, forse. Un ciclismo lontano dalla freddezza e dal calcolo, impulsivo e sanguigno. Così come il suo pubblico.

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mercoledì 19 Marzo 2025