Festival dello Sport: Zdenek Zeman, due chiacchiere con il boemo, dopo la sua “Bohemian Rapsody”

Cercare di circoscrivere, usando parole e aiutandosi con delle fotografie, la vita di una leggenda come Zdenek Zeman sembra impossibile, eppure – durante la terza giornata del Festival dello Sport, a Trento – il vicedirettore della Gazzetta dello Sport, Andrea di Caro, ha ripercorso una storia, personale e sportiva, lunga più di 70 anni.

Zdenek ha raccontato la sua infanzia, del campo da pallavolo dietro la casa del nonno, della passione per lo sport a 360° e soprattutto di zio Čestmír Vycpálek, che lo fece avvicinare – per la fortuna dei molti appassionati del suo gioco spericolato – al calcio italiano. La sua permanenza in Italia fu forzata, perché il rientro a Praga nel ’68 gli fu inizialmente impossibile, colpa della Primavera di Praga; il risultato lo ricordano sicuramente bene i siciliani: nel ’74 diventa allenatore delle giovanili del Palermo, club dove rimarrà per 9 anni, sfornando decine e decine di giocatori che popoleranno i campi di Serie A negli anni a venire.

Nell’83 l’esperienza con il Licata regalerà al pubblico quella che lui stesso, durante l’evento, ha voluto definire come “la prima Zemanlandia”. La terra dove il gioco offensivo del boemo riuscì nel mettere radici, consacrandosi in maniera definitiva fu però Foggia, anche grazie ad un certo Beppe Signori, allenato anche negli anni successivi, alla Lazio. Su Signori, Zeman, ha raccontato che “giocava centrocampista prima del Foggia, vedeva poco la porta, ma io lo vidi e quando lo incrociai lo salutai così: ‘Ciao Bomber, sai che segnerai tanti gol?’, lui non lo sapeva, ma io sì”.

Alla Lazio allenò anche Nesta, a cui sono state riservate parole dolci, ma mai come per Francesco Totti, con cui ha lavorato “nell’altra sponda calcistica della capitale”, durante le due parentesi romaniste, prima nel biennio 97-99 e poi nel 2012. “Francesco è stato uno dei più grandi talenti del calcio italiano, con Rivera e Baggio”, ha precisato a riguardo. Gli anni ’90 per Zeman non furono solo gli anni dei talenti cristallini, proprio come Nesta, schierato per primo dal boemo come terzino sinistro “per non bruciarlo”, ma furono anche quelli della guerra per il calcio pulito. Il modo di fare del mister lo ha eretto a paladino per un calcio ideale, “lontano dalle farmacie e dagli uffici finanziari”, due fenomeni contro cui ha speso un’intera carriera a lottare, scegliendo piazze minori, senza spendere milioni, senza usare doping, una crociata a favore del rispetto delle regole e del divertimento. L’apice di questo scontro avvenne nei suoi giorni sotto la Lupa: denunciò quanto stava accadendo nel calcio italiano perché “esagerato”; fu la Juventus a prenderla sul personale, ma le sue accuse, ha sottolineato, “erano aperte a tutti, perché tutti sapevano dei farmaci, come era chiaro un intervento arbitrale in alcuni contesti”. Nel 2009 quando fu interrogato a riguardo di coinvolgimenti del suo Lecce nei fatti di Calciopoli la risposta fu inamovibile: accusò Luciano Moggi di avergli reso impossibile la carriera, lui ebbe il coraggio di parlare quando l’omertoso silenzio del calcio italiano si era già reso assordante.

Non poteva mancare, seguendo in maniera temporale le tracce lasciate dal boemo, il periodo del Pescara, quello del famigerato trio Insigne-Immobile-Verratti, tra i giocatori che ancora oggi si dicono grati al mister per l’imprinting regalatogli all’inizio della carriera e per quella promozione in Serie A. Dove sono quei tre, sulla soglia dei trent’anni, lo sappiamo tutti, ma ecco cosa ne pensa l’allenatore che diede loro modo di esprimersi al meglio, arrivando a segnare, come squadra, ben 90 gol in una singola stagione di Serie B:  “Sono contento, avevano i mezzi per arrivare a livelli grandi, ci sono riusciti. Ciruzzo potrebbe fare qualche gol in più in nazionale, però in campionato si difende bene”.

Al termine dell’incontro, abbiamo avuto l’occasione di porre all’allenatore un paio di domande:

Mister, tra le tante foto proposte proposte in precedenza ce n’è una in cui tiene in braccio sua nipote, Gioia. Ha detto che adesso sarà impegnato nel fare “il nonno”. Quanto passerà prima di vederla di nuovo su una panchina, dopo l’ultima esperienza foggiana?

Non lo so, dipende, ho avuto anche offerte ma io non voglio soffrire. Voglio fare calcio con gioia, dove si può fare.

Si è espresso sempre senza mezzi termini sui problemi del calcio, a seconda del periodo, se una volta erano i farmaci oggi magari è il Fair Play Finanziario, oppure i debiti. Cosa ne pensa?

Io lo dico da tanti anni, il calcio è sempre meno sport e più business. La cosa più importante sono i soldi. Soldi per entrare, soldi per uscire… Per me il calcio va fatto sul campo, senza guardare mai quello che succede intorno.

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mercoledì 9 Ottobre 2024