Festival dello Sport: sempre più in alto con il sorriso, intervista ad Andrea Lanfri
Andrea Lanfri è un alpinista e arrampicatore che grazie alle sue protesi ha raggiunto alcune delle vette più alte, dal ritorno alla vita alla cima dell’Everest. Abbiamo avuto l’occasione di fargli qualche domanda a margine del suo intervento al Festival dello Sport.
Il tuo motto è “I limiti sono solo nella nostra mente”, ci puoi spiegare che significato ha per te?
In realtà ne ho due di motti, il primo è questo, il secondo è “La fatica è temporanea, la soddisfazione è per sempre”. Però sì, quello in cui mi rivedo maggiormente è proprio “I limiti sono nella nostra mente” perché già dall’inizio, dalla mia ripartenza, ho capito che di limiti ne potevo trovare tantissimi, ma che questi non erano vincolati dalla situazione stessa, al contrario erano determinati da me stesso. Ho quindi deciso di non pormene, di sperimentare, di andare avanti, di cadere, di fare tutto come se non esistesse nulla che potesse fermarmi. Alla fine, ciò mi ha dimostrato che i limiti erano solo imposti dalla mia mente o dalle ideologie che possono essere pensate, non esistevano realmente. Ho anche cercato sempre di dimostrare quest’idea, di superare le possibili limitazioni e pian piano ciò mi ha portato sempre più in alto.
Sempre più in alto, sì, tanto che recentemente hai compiuto l’eccezionale impresa di arrivare sulla cima dell’Everest. Come descriveresti l’emozione provata lassù e come ti senti adesso a riguardo?
Come mi sento adesso beh… non mi sembra ancora vero. Mi fa tuttora strano pensare di riuscire ad aver vissuto quelle emozioni e quell’avventura. Già proprio mentre lo stavo facendo mi dicevo “no ma non è possibile che sono qua e lo sto facendo”, veramente, mi sembrava un po’ tutto surreale. L’emozione più grande che ho provato non è stata in vetta, ma quando l’ho vista da poco sotto e sapevo che mancava poco a raggiungerla. È stata un’emozione direi “condivisa”: mi sono sentito veramente felice e questa felicità era condivisa con tutte quelle persone che, direttamente o indirettamente, mi hanno aiutato o hanno fatto parte di me in questi anni, mentre io sognavo questo momento loro hanno creduto in me e mi hanno supportato.
Qualsiasi tua fotografia vediamo, ti mostri sempre sorridente. Quanto è importante reagire con il sorriso – esteriormente ma anche interiormente – alle difficoltà della vita, da quelle più grandi a quelle più piccole?
È molto importante. Per chi mi conosce sa benissimo che già nei periodi più tosti, indubbiamente quelli più dolorosi e difficili, ossia i primissimi momenti in ospedale, l’ottimismo c’era. Credo di essere stato fortunato dalla nascita, sono stato sempre ottimista, ho sempre guardato il bicchiere mezzo pieno e non mezzo vuoto, ho sempre cercato di trovare soluzioni ai problemi che potevo dover affrontare. Mi sono ritrovato nel classico pensiero di montagna: in quel momento stavo scalando una delle montagne più difficili che potevo trovare e durante questo percorso – chi va in montagna sa benissimo di cosa sto parlando – ci si può imbattere in dei passaggi difficili, quindi bisogna trovare varianti, soluzioni e alternative, però l’obiettivo rimane quello della vetta e per me l’obiettivo era quello di tornare alla vita. E così è stato, sempre cercando di guardare il lato positivo. E poi c’era questa mia pazza convinzione in quel momento, che non so se in realtà era un po’ dettata dai farmaci (ride ndr) o da me o dai miei amici, che hanno avuto un ruolo importante, che un giorno prima o poi sarei tornato come prima. C’era questa convinzione fin da subito e, quando ho avuto gli strumenti per ripartire, uno dei motivi di spinta è stato un po’ il non deludere tutte quelle persone che credevano in quel che dicevo e credevano in me, soprattutto nei periodi in cui non mi avrei dato un soldo.
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lunedì 10 Febbraio 2025