Festival dello Sport: “Mi chiamavano Maesutori”. Due chiacchiere con Alessandro Maestri ed Elio
Al Festival dello Sport di Trento capita di assistere a incontri piacevolmente particolari, come quello – uno tra i tanti – che si è tenuto giovedì 22 settembre in Piazza del Duomo: Alessandro Maestri ed Elio (sì, proprio lui) hanno presentato il libro Mi chiamavano Maesutori. Il baseball e la vita. Dalla Romagna al Giappone passando per gli USA, scritto a quattro mani e dedicato al baseball, sport che accomuna i due autori.
Su Alessandro Maestri c’è poco da dire: è la sua carriera a parlare. Lanciatore, dopo gli esordi nel campionato italiano ha giocato negli Stati Uniti, in Australia, in Giappone, in Corea del Sud e in Messico. Con la Nazionale italiana ha disputato il World Baseball Classic tra il 2006 e il 2017. Ha militato nella franchigia di doppio A dei Chicago Cubs, con cui ha debuttato nel 2009 in una partita di pre-campionato nella Major League Baseball, pur non avendo mai esordito nel massimo campionato. È stato il primo giocatore di scuola italiana ad essere arrivato nel terzo livello più alto del campionato statunitense di baseball. Altra esperienza significativa, gli Orix Buffaloes di Osaka, squadra che milita nella prestigiosa Pacific League del massimo campionato giapponese. Ha lasciato il baseball lo scorso anno, nel 2021.
A stupire piuttosto è Elio. Sicuramente molti non sapranno che il mitico frontman del “complessino” è stato un ottimo giocatore di baseball, nonché fondatore nel 1988 di Ares Milano, squadra di cui è vicepresidente; il presidente è Faso, bassista degli Elio e le Storie Tese e co-fondatore del team.
Al termine dell’incontro, abbiamo scambiato due chiacchiere.
Alessandro, credi che il baseball ti abbia aiutato a crescere come persona oltre che come giocatore? Se sì, in che modo?
Assolutamente sì. Io ho avuto la fortuna con il baseball di partire, di trasferirmi presto lontano da casa: ho imparato a essere indipendente, a farcela con le mie forze. L’esperienza all’estero mi ha anche insegnato le lingue, prima l’inglese, poi lo spagnolo… Con il giapponese sono arrivato a cavarmela, ma lo sto perdendo. È stata una vera scuola di vita per me.
Anche il Giappone dev’essere stata una vera scuola di vita.
Sì, il Giappone mi ha sicuramente insegnato tanto. Là i giocatori si tolgono il cappellino mentre l’allenatore parla, in segno di rispetto. Ho imparato tanto sul rispetto verso il prossimo, anche se in realtà questa è una cosa che porto con me da sempre. Nei miei viaggi per esempio ho sempre rispettato la cultura del luogo in cui andavo, è un aspetto importante che mi ha fatto vivere quei momenti in modo più piacevole.
Elio, Faso dice di non amare il “gerontobaseball”. Anche altri sport non lasciano spazio ai giovani (e noi tifosi dell’Inter lo sappiamo bene…). In questo senso, come sta il baseball italiano oggi?
Il baseball è messo come tutti gli altri sport. Io sono d’accordo con il Faso: bisogna fare strada ai giovani. Però bisogna anche che i giovani si facciano strada e non aspettino che gli altri lascino loro il posto. Se lo devono prendere.
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domenica 8 Dicembre 2024