FDS 2023 – Primož Roglič, il mio Giro perfetto

C’è una parola chiave che accomuna l’incontro di ieri alla Filarmonica con Filippo Ganna e l’incontro di oggi all’Auditorium Santa Chiara con Primož Roglič, vincitore dell’ultimo Giro d’Italia: determinazione. Come il cronoman piemontese, anche lo scalatore sloveno è l’emblema della combattività: chi ha seguito la Corsa Rosa penserà immediatamente alla cronometro del Monte Lussari, e penserà in particolare alla freddezza e alla lucidità con cui Roglič ha affrontato la difficoltà meccanica che stava per fargli perdere l’intero Giro.

Del resto, la forza di volontà è una qualità che il fuoriclasse sloveno si porta dietro fin dai primi anni di vita (sportiva e non). Forse non tutti sanno che prima di vincere un Giro d’Italia, due Tirreno-Adriatico, una Parigi-Nizza, tre Vuelta a España consecutive, una medaglia d’oro alle Olimpiadi di Tokyo nella prova a cronometro, una Liegi-Bastogne-Liegi eccetera, eccetera, eccetera… Prima di una carriera esemplare nel ciclismo, Roglič ha tentato di sfondare nel mondo del salto con gli sci. Riuscì persino a conquistare il titolo di campione del mondo juniores a squadre con il quartetto sloveno, nel 2007, a dimostrazione del fatto che l’agonismo è sempre stato parte del suo DNA.

C’è però un problema. Sugli sci Roglič è bravo, è un discreto atleta, ma non eccelle. E per uno con la mentalità del campione come lui, essere bravi non basta. O si raggiunge la vetta, o tanto vale smettere. Così, dopo alcuni lavoretti qua e là e dopo aver venduto la motocicletta che teneva in garage, a ventidue anni Primož riesce a mettere da parte abbastanza denaro da potersi permettere una prima, apprezzabile bici da corsa. Invia e-mail a destra e a manca, chiedendo alle squadre di concedergli la possibilità di correre. Ha grinta da vendere e cerca l’occasione per poterlo dimostrare, ma per i team è già troppo vecchio per pensare di intraprendere da zero la strada del ciclismo professionistico. Solo una piccola squadra slovena, l’Adria Mobil, gli permette di giocarsi le proprie carte. Un azzardo. Ma “Rogla” ripaga subito la squadra della fiducia riposta in lui.

Al Tour di Azerbaigian, nel 2014, arriva la prima vittoria, a cui seguono una Croazia-Slovenia e un Giro di Slovenia. Poi la consacrazione tra i pro: nel 2016 Roglič vince la cronometro della nona tappa del Giro d’Italia, e da lì in avanti saranno solo successi stellari. Al suo palmarès mancherebbe solo una soddisfazione: il Tour de France (che sfiorò nel 2020). «È chiaro che mi piacerebbe vincerlo, ma il Tour non è la mia ossessione. Se anche mi ritirassi in questo momento, sarei comunque soddisfatto e orgoglioso di tutto ciò che ho fatto. Quando comprai quella prima bicicletta, a ventidue anni, mai avrei immaginato tutto questo» confessa Roglič.

Di sicuro non avrebbe mai immaginato di diventare il mito di ogni cicloamatore. La sua inarrestabile grinta agonistica è così d’ispirazione da spingere migliaia di appassionati a bordo strada a urlare “Gremo Rogla!” (cioè “forza Rogla!”, in sloveno) al suo passaggio. Ha addirittura ispirato un termine, roglified: sei stato “roglificato” quando una persona fa sfumare ogni tua speranza di vittoria, strappandoti dalle mani il sogno. Esattamente come fa Rogla. Perché Primož Roglič è una sentenza.

Sport
Lascia un commento

I commenti sono moderati. Vi chiediamo cortesemente di non postare link pubblicitari e di non fare alcun tipo di spam.

Invia commento

Twitter:

domenica 8 Dicembre 2024