Fds 2023 – Marcin Tomaszewski, l’uomo delle nevi

“Non è strano per un alpinista solitario e avventuriero intitolare un documentario Strada di casa e un libro Papà?” con questa domanda del giornalista Alessandro Filippini si è aperto l’incontro del Festival dello Sport dal titolo L’uomo delle nevi, con protagonista l’alpinista polacco Marcin Tomaszewski, andato in scena nella serata di venerdì 13 ottobre.

La risposta di Tomaszewski ha avviato una riflessione sul doppio ruolo di padre-alpinista: “Io non mi occupo solo di alpinismo, ma anche della mia vita privata. C’è una certa responsabilità nell’essere alpinista e al contempo essere un papà, una responsabilità che risiede nel tornare a casa”. A questo si è aggiunta la figura del padre di Tomaszewski, un genitore assente che, tuttavia, “nel suo non essere presente mi ha indicato la strada da intraprendere”.

Ma com’è iniziata la passione per Marcin per l’alpinismo e cosa significa per lui? “Da piccolo ero un bambino molto gracile, avevo bisogno di fare sport, anche per uscire dalla solitudine in cui mi trovavo”, e così ha iniziato con il judo, per poi rendersi conto che necessitava di qualcosa che lo facesse non solo crescere fisicamente, ma anche diventare uomo. “Mi sono spesso chiesto come conoscere a fondo me stesso, così mi sono avvicinato alla montagna – ha spiegato l’alpinista – anche per stare bene dentro alla mia solitudine, spesso aggressiva. Inizialmente volevo lasciarla da parte, poi è diventata la mia compagna”.

Così – spesso alla ricerca di posti dimenticati ma esposti – Tomaszewski ha iniziato la sua carriera alpinistica, ma non solo. Alpinista, ma anche scrittore, artista, insegnante, regista… come conciliare tutto questo? “Da perfezionista devo variare, non posso concentrarmi su una cosa sola. Le montagne mi davano tanto, ma non tutto, quindi ho provato altre attività”. Anche perché vivere da alpinista in Polonia non è semplice: “La mia città natale dista 800km dalle montagne, ho dovuto adattarmi e trovare altre strutture per arrampicarmi”, dando così vita a una sorta di climbing metropolitano.

La conversazione si è poi spostata sui grandi alpinisti polacchi del passato, tra cui Kurtyka e Kukuczka: “Sono stati per me fonte di ispirazione, sì, ma ho sempre cercato la mia via. Non mi mettono in ombra, anzi, mi danno luce” ha raccontato Tomaszewski, prima di soffermarsi sulle altre fonti di ispirazione: “Leggo e ascolto molto, ogni alpinista mi ispira”.

L’ultimo argomento trattato è stato quello delle spedizioni alpinistiche odierne, la posizione del polacco riguardo ad esse è chiara: “Non mi piacciono, ci sono troppe persone. Il mio alpinismo è ricercare la solitudine per godere dell’esperienza”. E l’unico racconto di spedizione ha un risvolto importante: “Mi sono ritrovato a dover scegliere tra un tentativo pericoloso e tornare indietro, ho scelto la seconda, ho scelto la vita”.

Al di là della sua solitudine, un compagno di cordata in passato lo ha avuto: Tom Ballard. Il giovane alpinista britannico morto nel 2019 sul K2 è emerso tra i ricordi di Tomaszewski in qualità di personaggio particolare, a sé, ma che lo salvò da un crepaccio: “Ballard era un uomo nato e creato per scalare le montagne, ci siamo parlati poco, quel che serviva”.

La chiusa sul futuro: “Penso alla mia famiglia, quindi continuerò a scalare finché le mie condizioni fisiche mi permetteranno di farlo in sicurezza. In più voglio aiutare i giovani a realizzare i propri sogni in montagna e, per questo, insegno”.

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sabato 27 Luglio 2024