“Un pullover di cachemire” – Stefano Ricci

“Un pullover di cachemire” – Stefano Ricci

Sono un bipolare. Anzi no, in realtà io sono Francesco, ma non c’è nulla come la malattia mentale ad identificarsi con la persona. Come un pullover di pregio si chiama: un cachemire.

Una volta, neppure tanto tempo fa, mi avrebbero chiamato semplicemente matto, senza tante ipocrite distinzioni, e mi avrebbero rinchiuso in manicomio. Legato al letto “per non farmi male”, in realtà nascosto al mondo per paura o per vergogna. Allora sì che avrei scordato il mio nome e perfino il motivo che mi tiene in vita. Oggi invece mi curano e cercano in tutti i modi di aiutarmi a ritrovare un posto nella società. In questa società dove, per le persone fragili o troppo sensibili, i posti in realtà scarseggiano.

I farmaci servono a stabilizzare l’umore, ma hanno i loro begli effetti collaterali: da mesi mi tremano le mani e non riesco neppure a prepararmi un caffè, la memoria vacilla e non sono nemmeno in grado di seguire il più stupido programma televisivo, il mio passo è incerto e l’incedere barcolla.

A volte mi viene da domandarmi se non sia il mondo ad aver bisogno di cure. Se chi danza imperturbabile sulla tolda del Titanic non sia più pazzo di me. Se, in definitiva, non sia più “anormale” vivere con leggerezza lo squilibrio ambientale e l’ingiustizia sociale, piuttosto che farsi prendere dalla depressione di fronte a tanto scempio e a tanta violenza. È forse una malattia dei cetacei quella che li porta a spiaggiarsi sempre più numerosi fuori rotta, o è il nostro inquinamento a disorientarli? Sono forse le api che decidono di suicidarsi in massa, o sono i nostri pesticidi a sovvertire gli equilibri naturali? Anche Cassandra sembrava matta e la gente di Troia mal sopportava il suo umore tetro e le sue funeste previsioni, ma nessuno può mettere in dubbio che avesse purtroppo ragione.

Anch’io vivo in una realtà grigia, senza sole e punte speranze. A volte do di matto, forse quando non ne posso davvero più o il dosaggio delle gocce diventa insufficiente. Ma se il mondo fosse un po’ più gentile, se le persone tra di loro fossero più gentili… forse non avrei bisogno di tanti farmaci per colorare artificialmente questi miei orizzonti sbiaditi.

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mercoledì 9 Ottobre 2024