Rebecca e la ricerca dell’anello finale del pensiero
L’illuminazione di quella stanza le ricordava le luci notturne per bambini che i suoi genitori le compravano per mettere a tacere la sua paura del buio. E allora tornava con il pensiero al parco dove aveva imparato ad andare in bici, quello vicino alla casa dove ormai non abitava più da tempo, e alle prime volte in cui si era sbucciata le ginocchia. Le prime, non le ultime, pensava Rebecca mentre osservava le proprie gambe tozze e vi scorgeva ancora i segni di tutte le volte in cui era caduta. Forse allora aveva meno paura, pensava dosando le gocce di Xanax nel bicchiere, le quali non sempre cadevano con una precisione matematica. La sua mente, d’altronde, funzionava così. Non una linea retta, dove tutto scorre con una precisione matematica. Piuttosto una linea ondivaga con alti e bassi. Schizzava verso l’alto con l’ansia, pensava ancora dosando le gocce di Xanax, fedele compagno da qualche mese. Virava verso il basso quando i ricordi la rincorrevano e la fagocitavano nel passato. E le veniva rabbia, perché un pensiero tira l’altro, come le ciliegie, e la sua testa che funzionava per associazioni era amica dei ricordi che prepotentemente si rincorrevano per arrivare all’anello finale di una catena che non serviva a nessuno. Non mi serve, si ripeteva, non serve a nulla che io arrivi alla fine di quella maledetta catena. E mentre pensava, mentre la sua testa correva alla ricerca di quel maledetto anello finale di una catena che non serviva a nessuno, rimaneva ferma. Immobile. Poco importavano i traguardi che si era prefissata, la sua testa era trascinata verso il basso, con un’onda che arrivava prepotente per poi ritirarsi in vista del suo ritorno. Un’onda che cercava di calmare con un flusso ancora più grande, con un altro pensiero, perché ai pensieri non si scappa. “Rimani ancorata nel presente”, si diceva Rebecca mentre osservava attentamente le gocce di Xanax che scendevano nel bicchiere. “Rimani ancorata nel presente”, si ripeteva, anche perché la ricerca della verità a cui voleva arrivare ripercorrendo tutta la catena del pensiero, fino ad arrivare all’anello finale, non era poi così sicura come pensava. Un ricordo stava sbiadendo, l’altro forse risentiva delle emozioni che aveva provato. Forse non era andata proprio come pensava, forse c’era un altro punto di vista che si avvicinava di più alla realtà delle cose. O forse non era vero, forse avrebbe dovuto ascoltare di più la sua voce e meno ciò che dicevano gli altri, forse si faceva influenzare troppo. Intanto le gocce continuavano a cadere, stavolta con ritmo lento e matematico, mentre lei pensava più veloce della luce. Cadevano con una cadenza così calma e regolare che arrivò a pensare “Mi piacerebbe che così scorressero anche i pensieri, e che a volte cadessero senza rimanere impigliati nella testa”. Forse così non avrebbe dovuto cercare nessun anello finale della catena, perché nel frattempo ogni anello sarebbe già caduto nel vuoto d’un bicchiere.
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mercoledì 9 Ottobre 2024