“Questo Erasmus non s’ha da fare”

Valigie preparate e subito disfatte. «Questo Erasmus non s’ha da fare» avrebbe forse scritto Alessandro Manzoni se fosse stato un nostro contemporaneo e se avesse dovuto raccontare le storie di molti scambi studenteschi durante la pandemia.

A inizio marzo erano circa 13 mila gli studenti Italiani in Erasmus, secondo i dati forniti dall’agenzia “Indire”. Il 50% di quegli studenti è rimasto nel Paese ospitante per un Erasmus insolito, passato molto spesso in quarantena assieme a coinquilini appena conosciuti.  Un’altra percentuale di studenti, invece, è rimasta bloccata in Italia – valigie e passaporto alla mano, frontiere chiuse. Tra di loro c’è Elena Bonvecchio, studentessa trentina al terzo anno dell’Università di Infermieristica di Verona con sede a Trento, che sarebbe dovuta partire alla volta di Lisbona per un Erasmus+ per tirocinio.

Come hai saputo che il tuo Erasmus era stato cancellato?

Sarei dovuta partire il 28 febbraio, un venerdì. Avevo preparato tutto e salutato tutti i miei amici. Quel sabato – il 22 febbraio – ero tornata a casa e mio padre mi aveva anticipato che c’erano stati i primi casi di covid-19 a Codogno. Il giorno dopo, una mia compagna di corso che sarebbe dovuta partire per Francoforte ha scritto alla coordinatrice Erasmus, che le ha risposto che i nostri Erasmus erano stati sospesi.

 Qual è stata la prima sensazione che hai provato? Rabbia?

In realtà no. Mi sembrava talmente tanto assurdo che avessero annullato l’Erasmus solo una settimana prima della partenza che neanche ci credevo. Pensavo fosse una cosa temporanea, quindi all’inizio ero tranquilla. Quando l’ho scoperto ero con mia sorella, e le ho detto proprio: «Non sei stupita da quanto l’abbia presa con filosofia?». Non ci sono neanche state delle fasi in cui ero arrabbiata. Ci sono stati più dei mesi in cui mi sono detta: «Cavolo, e pensare che in questo momento avrei potuto essere in Portogallo…!».

 Come hai passato questi mesi?

Ho seguito le lezioni online. E ho iniziato ad amare tante cose che prima rifuggivo. A casa ho un giardino, e mio padre ha sempre fatto la legna e l’orto assieme a mia mamma. Pur di fare qualcosa di pratico, in cui vedessi il risultato immediato, durante la quarantena ho passato un po’ di giorni ad accatastare la legna, a vangare l’orto e a seminare. Mi ha aiutata molto.  Ultimamente invece sono stata quattro giorni vicino a Tione per fare prelievi del sangue sulla popolazione. Hanno mobilitato noi studenti di Infermieristica quando sono partite le indagini sierologiche a livello nazionale. Eravamo una ventina di studenti in 5 dei comuni del Trentino più colpiti dal covid-19. Per me si è trattato di una conferma della mia scelta di studiare Infermieristica: dà soddisfazione pensare che in occasioni come questa tu, come professionista sanitario, puoi agire.

 

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lunedì 10 Febbraio 2025