Questione di forma

Da qualche mese (Il cazzaro verde dell’ottobre del 2019, I cazzari del virus del giugno del 2020 e La congiura dei peggiori uscito a novembre dello stesso anno), Andrea Scanzi scrive libri in modo molto simile: raccoglie alcuni post scritti su Facebook, ritaglia alcuni articoli pubblicati sul “Fatto Quotidiano” e li cuce tutti insieme in un nuovo formato, più ampio e disteso, con alcune aggiunte inedite. Forma, appunto, un libro.

La sua fatica più recente s’intitola Demolition Man e non si discosta in nulla da quanto scritto sopra. Infatti, posto come protagonista Matteo Renzi, Scanzi passa in rassegna il proprio “legendarium”, raggruppando quanto scritto sul leader di Italia Viva. È una sorta di raccolta, nel senso letterale del termine: tutto quello che Scanzi ha pensato di (e ha scritto su) Renzi si trova in questo libro. La ripetitività ha alcuni lati positivi e altri negativi, sui quali però non mi soffermo. Penso sia interessante analizzare la forma di Demolition Man.

Il volume è formato da tanti brevi capitoli che vanno, appunto, dalla brevità del post scritto su Facebook alla maggiore estensione dell’articolo di giornale. È un libro che scorre molto velocemente, quindi, e che proprio per la brevità delle sue parti spinge alla lettura: “In fondo, perché non leggere un altro capitolo?”. Credo che questo sia il primo aspetto rilevabile nella forma di Demolition Man. Accoglie, rassicura chi legge. Avere di fronte un paio di pagine e scoprire poi già un appiglio, il “giro di boa” conforta e tranquillizza: il lettore non nuota nel mare aperto per pagine e pagine prima di trovare l’occasione di riprendere fiato.

Se è vero – come dimostra uno studio inglese – che l’uso sempre più intenso di Internet ha ridotto drasticamente la nostra capacità di mantenerci attenti e concentrati, Demolition Man è lo specchio di questa nuova condizione umana; allo stesso tempo, però, risulta essere un ottimo rimedio a questa situazione. Alzi la mano chi leggendo (prendo un caso estremo, ma vale per qualsiasi libro i cui capitoli superano la decina di pagine) Alla ricerca del tempo perduto si è accorto, arrivato a metà di uno degli interminabili capitoli, di non ricordare più nulla – se non qualche vaga linea generale – di quanto appena letto.

La forma adottata da Scanzi ovvia anche a questo problema. I suoi capitoli sono incisivi e brevi: incisivi perché brevi. Superano raramente le due pagine. Sono fotografie che si imprimono in pochi attimi nella mente del lettore e ci rimangono a lungo. Insomma, si arriva alla fine del libro e ci si accorge di aver trattenuto più informazioni.

L’operazione di “collage” letterario operata da Scanzi potrà non piacere. Tuttavia, è indubbio che il giornalista aretino abbia dato una risposta formale efficace a una difficoltà sempre più evidente.

Cultura
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sabato 27 Luglio 2024