One Piece, Oden e il Kabuki: Wano, l’arco più “giapponese”
Che il genio creative di Eichiiro Oda si spingesse ben oltre il semplice disegno non era una novità, già da decenni prima che si cominciasse a parlare concretamente della leggendaria Wano e del relativo arco narrativo, il più corposo e da cui dipende – chiaramente – una parte più che importante dell’intera storia di Luffy e i suoi nakama termine giapponese, per noi ampissimo ma che possiamo utilizzare per i compagni di ciurma del capitano, indicando che si tratta di una famiglia, di un gruppo molto stretto. L’arco di Wano evolve intorno al racconto di come l’Isola, definita “chiusa”, per misteriose ragioni, sia passata dal controllo del mitico Kozuki Oden, membro della ciurma di Edward Newgate prima, Barbabianca, e di Gol D. Roger, niente di meno che il Re dei Pirati: il tutto avviene grazie ad una serie di flashback, la cui struttura è ben definita, ma non si tratta di un’invenzione di Oda, quanto del suo applicare un modello teatrale, già presente nella stessa saga, ma mai in maniera così chiara, il kabuki.
Il “Wano Arc”, è stato promosso con particolare premura dal mangaka e non è più una sorpresa: è il più “giapponese”. Ci sono riferimenti alla tradizione, anche culinaria, come Oden stesso, il nome deriva – infatti – da un piatto tradizionale della cucina giapponese. L’uomo, dalla forza esponenziale e dall’indole molto irascibile, combatte con due spade come Miyamoto Musashi, “il più grande Samurai”, ma come personaggio sembra essere basato sul concept del Dio dei mari e delle tempeste Susanoo-No-Mikoto, anche nella propria parabola “umana”, dello scontro con delle forze malvagie dopo un grande momento di redenzione, ma la fine differisce e la morte di Oden, arrivata ironicamente per “bollitura” – fortissima qui la punchline “Oden non sarebbe Oden se non fosse bollito, leitmotiv nel viaggio dell’eroe – si avvicina di più al semidio fuorilegge del 16mo secolo Ishikawa Goemon, che, allo stesso modo del personaggio di One Piece, salva le persone a lui care, condannate per le sue gesta, tenendole sospese sopra la propria testa. Chiaramente l’ambientazione in cui questo personaggio così elaborato è inserito è molto tradizionale, come per gli abiti e il modo di fare degli abitanti, che vengono raccontati tramite il kabuki: ci sono musica, danza, costumi sfarzosi e un dramma che incombe, nel pieno rispetto di uno dei più classici modelli teatrali giapponesi, risalente ai primi anni del 1600.
Il primo atto serve all’introduzione dei personaggi, Oden viene bandito dalla Capitale per diventare poi Daimyo, la carica feudale più importante tra il 12° e il 19° secolo in Giappone, di Kuri, una regione di Wano; il secondo vede Oden arruolarsi con Barbabianca, raggiungedo Raftel (Laugh Tale, l’ultima isola, dove Roger diventa Re dei Pirati), il terzo lo vede tornare nella sua terra per combattere – e venire sconfitto – da Kaido. Il secondo e il terzo atto sono “più veloci” rispetto agli altri, ma soprattutto il terzo atto conta sulla parte più drammatica del racconto, per procedere poi con il quarto, in cui si arriva al culmine della tensione, con la condanna a morte e l’esecuzione di Oden stesso. La conclusione è quasi sbrigativa, c’è una transizione sul presente e la conclusione della parabola. Il terzo atto, inoltre, vede Oden umiliarsi per le strade, nel disperato tentativo di salvare la propria gente, in un contesto in cui Kaido non avrebbe mai, chiaramente, rispettato la propria promessa: sono i pregi, i difetti, le stranezze, i modi particolari e il vestiario del protagonista di una performance Kabuki.
Una componente non indifferente, molto meno oggettiva, ma comunque plausibile, specie dopo una profonda lettura delle centinaia di volumi di Oda, potrebbe essere la lettura di questo arco narrativo, come la visione dell’ideatore dei Mugiwara dello scacchiere politico giapponese contemporaneo: una classe politica debole, la precarietà del “terzo stato”, la globalizzazione e il pericolo arrivato oltreoceano. C’è qualcuno, che con non poca malizia, ha voluto leggere nei tratti di Orochi il “buon vecchio” Shinzo Abe, mentre nel famigerato yonko (imperatore del mare) Kaido, gli Stati Uniti: sicuramente è spingersi troppo oltre, ma è questo “il bello” di One Piece. Nella caccia verso il titolo di Re dei Pirati, ogni episodio può essere letto nella propria prospettiva, morale o ideologica, specie quando i personaggi sono di una psicologia così complessa, al punto da diventare vere e proprie opere d’arte: a volte un pittore spiega al proprio pubblico un quadro, magari ha lasciato i codici per sbloccare la cassaforte in una serie di dipinti precedenti – un po’ come gli hint seminati qua e là da Eichiiro, magari mentre Jinbe non era nemmeno uscito dalla prigione e non era parte della ciurma, nelle fasi “iniziali” – ma altre non dà una soluzione, sta a te salpare sulla tua personalissima Thousand Sunny, alla caccia del “tuo” One Piece.
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giovedì 27 Marzo 2025