Mick Rock, il poeta della fotografia
Il racconto della musica attraverso gli scatti del fotografo recentemente scomparso. Ha fotografato big come Bowie, Queen, Iggy Pop e Lou Reed
Un individuo dall’aspetto androgino arriva sulla Terra ad avvisare l’umanità che gli restano solo cinque anni di vita e il momento è stato catturato da Mick Rock, il “poeta della fotografia”. Quell’alieno era David Bowie quando vestiva i panni di Ziggy Stardust, conosciuto dai più attraverso la “lente” del fotografo che si è fatto guidare dall’aurea iconica dell’artista. L’occhio più rock della storia che ha deciso di chiudersi sulla vita terrena lo scorso 18 novembre e aprirsi verso l’Aldilà.
Mick è il Michelangelo delle icone glam rock che ha narrato miti e spaccati di vita che sono entrati nell’immaginario collettivo. Dalla prima foto in bianco e nero di un giovane “poeta lunatico” Syd Barrett a quella della cena tra Mick Jagger e Andy Warhol, dai primi infiammabili Stooges alle scene private di rockstar, leggendarie sul palco e anime fragili nella quotidianità della vita. Per non parlare dell’immagine del Duca Bianco (ndr Bowie) inchinato a mordere le corde della chitarra di uno dei suoi più fedeli gregari, Mick Ronson, per simulare una fellatio. Scalpore per le riviste dell’epoca, immagine simbolica del glam rock poi.
Il “poeta della fotografia” ha avuto i suoi momenti di gloria nel riprendere sotto il palco, durante le prove, il volto decadente e ambiguo di Lou Reed, usato per la copertina di uno dei suoi più celebri album, Transformer; una foto uscita accidentalmente sovraesposta, quindi rovinata, ma destinata a diventare icona. Il giorno dopo, si trovò dinanzi un Iggy Pop in posa, a dorso nudo, e quel click non poteva attendere per fermare quell’istante che sarebbe stato in seguito impresso sulla copertina dell’album Raw Power.
La macchina fotografica di Mick è come il pennello per Raffaello o lo scalpello per Canova: definisce un linguaggio visuale tutto suo. Sì, perché quell’obiettivo ha consolidato l’estetica del glam rock anni 70’ al punto che Freddie Mercury, per comunicare il decadentismo dell’album Queen II, decise di contattare lo stesso Mick. Freddie, Brian May, Rodger Taylor e John Deacon si misero in posa “a croce”, avvolti da un chiaroscuro esasperato e profondo: immagine che sarà ripresa due anni dopo nel video di Bohemian Rhapsody.
Mercury incrociò le braccia in una posa vampiresca con quello sguardo che voleva imitare Marlene Dietrich in Shanghai Express: il gioco era fatto. O meglio, la storia era stata scritta e Mick Rock passava di diritto come l’esteta delle rockstar. L’atmosfera di quelle voci che si sentono in Bohemian Rhapsody e sfumano poi in un assolo di chitarra potente viene racchiusa in quella foto che riscatta non solo l’occhio dello spettatore ma anche i Queen stessi, che lì ritrovarono la loro vera dimensione.
Se David Bowie è passato alla storia come artista camaleontico, un po’ lo si deve proprio a Mick Rock, diventato il suo ritrattista ufficiale. Indipendentemente dalle sue collaborazioni degli ultimi 20 anni con artisti come Lady Gaga, Daft Punk, Snoop Dogg e Miley Cyrus, lui resta “The Man Who Shot The 70s”.
E ora che è pronto per raggiungere quei geni ribelli e bizzarri e dar sfogo alla creatività, possiamo sognare di vederlo assieme a Ziggy sul Pianeta Marte per costruire una nuova estetica, esplorando nuove galassie e mondi impossibili.
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mercoledì 12 Febbraio 2025