Il caso di Simonino, tra verità storica e pregiudizio
In occasione delle giornate FAI di Primavera è stato possibile visitare la cappella dedicata al piccolo Simone, permettendo ai visitatori di ripercorrere una delle pagine più buie della storia di Trento.
Correva l’anno 1475 quando, nel cuore della settimana santa, viene denunciata la scomparsa di un bambino di appena 29 mesi. Le ricerche sono immediate e proseguono ininterrottamente fino al tragico epilogo: la domenica di Pasqua vien rinvenuto il cadavere del piccolo sulle rive di una roggia, nei pressi della fiume Adige ma, soprattutto, nelle vicinanze del cosiddetto “quartiere ebraico”.
All’epoca nel capoluogo vi era già una certa ostilità nei confronti delle famiglie di religione ebraica, alimentata inoltre dalle predicazioni dei frati francescani che si scagliavano contro coloro che svolgevano il mestiere di “prestatori di denaro”, meglio noti come usurai. Ci troviamo infatti negli anni in cui stavano nascendo, grazie al frate Bernardino da Feltre i primi Monti di Pietà, istituti volti a prestare denaro alle persone più bisognose con tassi agevolati.
Accusati di aver compiuto un omicidio rituale, utilizzando il sangue di Simone per impastare il pane azzimo che sarebbe servito loro per festeggiare la Pasqua ebraica, gli ebrei che abitavano la città vennero dapprima arrestati, poi costretti a confessare sotto tortura il crimine commesso ed infine giustiziati pubblicamente in Piazza Duomo. Terminato il processo, il principe vescovo di allora Johannes Hinderbach proibì espressamente ad ogni ebreo di stabilirsi presso la città. Da quel momento in poi, Trento non ha mai più avuto una comunità ebraica ed ancora oggi è vista come una città da boicottare da parte delle persone di religione ebraica.
Intanto il culto di Simonino si diffuse rapidamente verso il resto della penisola e nei paesi d’oltralpe, complice anche la posizione strategica della città, fin da sempre un crocevia fra diverse culture. A favorirne una diffusione su larga scala, oltre alle predicazioni da parte degli uomini di chiesa, hanno contribuito la neonata stampa a caratteri mobili e l’immensa produzione iconografica che ha continuato a decorare chiese e cappelle anche nei secoli a seguire. Due sono i modi attraverso cui il piccolo vien raffigurato: sofferente, durante gli istanti del suo martirio, mentre viene strangolato con una sciarpa e il suo sangue prelevato mediante aghi, cesoie e tenaglie e glorioso, mentre con sguardo fiero stringe una bandiera, circondato dagli angeli del paradiso.
Il culto è stato praticato fino al 1965, anno della cosiddetta “svolta del Simonino”, quando, alla luce del Concilio Vaticano II, è iniziata una rilettura critica degli atti del processo da parte di alcuni studiosi, tra i quali Monsignor Iginio Rogger, che si è conclusa decretando l’innocenza della popolazione ebraica, all’epoca considerata come capro espiatorio.
Anche se ai giorni nostri il culto del piccolo martire da Trento non vien più praticato, è giusto che la gente conosca la vicenda e sia a conoscenza di quanto sangue e quanta sofferenza ha portato con sé, riflettendo su quanto gravi possano essere le conseguenze scaturite anche soltanto da un pregiudizio.
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mercoledì 12 Febbraio 2025